A testa alta. Con onore. Tanto cuore. Tutto vero. Alla fine, però, l’Italrugby perde. Non sempre, ma spesso. Molto spesso. Nella domenica che ha messo a dura prova la tenuta fisica degli abilissimi manovratori di telecomandi, costretti a disimpegnarsi sull'asse calcio-ciclismo-basket, molti hanno accompagnato la Nazionale di rugby verso il proprio inevitabile, consolidato destino. Perdente, tra gli applausi e le pacche ma pure sempre perdente. La sconfitta contro l’Irlanda e la conseguente eliminazione ai Mondiali, dopo 3 delle quattro partite della prima fase del torneo, riassume la storia recente del pallone ovale tricolore.
Tanta volontà, carattere da vendere ma, alla fine, risultati rivedibili. Sono passati 15 anni da quando l'Italia ha debuttato nel 2000, con una vittoria 'storica' o 'epica' contro la Scozia, nel Sei Nazioni. Da allora il movimento è cresciuto, i big della Nazionale sono diventati splendidi personaggi anche fuori dal campo e pure le casalinghe hanno scoperto il valore del terzo tempo, il fascino del fair play, la nobiltà di uno sport duro ma corretto. Tutto bello. Poi, però, alla fine bisognerebbe anche vincere. Non sempre, ogni tanto.
