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Colin Kaepernick, il campione che ha battuto Trump

25 settembre 2017 | 10.05
LETTURA: 6 minuti

MUST CREDIT: Washington Post photo by Jonathan Newton - The Washington Post
MUST CREDIT: Washington Post photo by Jonathan Newton - The Washington Post

All'inizio fu Colin Kaepernick. Poi, dagli stadi del football alle arene del basket, l'élite dello sport americano si è mobilitata contro ogni forma di discriminazione e, in particolare, per stigmatizzare le violenze della polizia nei confronti dei cittadini afroamericani. Le sortite di Donald Trump contro gli atleti che "mancano di rispetto" all'inno nazionale hanno definitivamente portato alla ribalta il tema sollevato oltre un anno fa da un singolo giocatore, che si è trasformato in una miccia. Colin Kaepernick, ex quarterback dei San Francisco 49ers, all'inizio della scorsa stagione ha preso l'iniziativa che avrebbe lasciato un segno profondo nello sport e nella società americana. Per protestare contro le violenze della polizia nei confronti degli afroamericani, ha deciso di inginocchiarsi durante l'esecuzione dell'inno nazionale prima delle partite. Un gesto dirompente, imitato da compagni e avversari, approvato da atleti di altri sport. Ad un anno di distanza dalla sua iniziativa, Kaepernick è di fatto un ex giocatore. Il suo contratto con i 49ers è scaduto e nessuna squadra ha deciso di ingaggiarlo. Addetti ai lavori e colleghi non hanno troppi dubbi: nella National Football League, la principale lega professionistica americana, non è il caso di mettersi in casa un giocatore così 'scomodo' che, oltretutto, in campo non sembra più in grado di spostare gli equilibri come accadeva 3-4 anni fa. Paradossalmente, Kaepernick ha centrato il suo obiettivo proprio quando è uscito di scena. Gli attacchi di Trump ai giocatori "figli di p......" che non onorano l'inno hanno scatenato la reazione compatta della lega. Proprietari e giocatori hanno riposto con un'unica voce e con gesti eloquenti: tutti in ginocchio durante l'inno, tutti abbracciati o tutti negli spogliatoi. Tra poche settimane comincia la stagione della NBA e il basket ha già fatto sentire la sua voce. Le stelle hanno già deciso che non rimarranno a guardare. I Golden State Warriors campioni in carica, guidati da Stephen Curry, hanno stroncato la condotta del presidente che, per riposta, ha ritirato un invito ufficiale. Ci ha pensato LeBron James, volto della lega e stella dei Cleveland Cavaliers, a tracciare le linee del campo su cui va in scena la sfida: "Il presidente vuole usare lo sport come una piattaforma per dividerci".

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