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Variante inglese covid, cos'è e quali sono i sintomi

16 febbraio 2021 | 12.55
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L'Istituto superiore di sanità fa chiarezza con uno speciale online

(Foto Fotogramma)
(Foto Fotogramma)

La variante inglese del coronavirus spaventa in Italia, con il rischio di un aumento dei contagi. La variante inglese di Sars-CoV-2 - identificata con le sigle 20B/501YD1 oppure B.1.1.7- secondo gli esperti è sia "più contagiosa che letale". "Al momento - ricorda l'Istituto superiore di Sanità - sono tre le varianti che vengono attentamente monitorate e che prendono il nome dal luogo dove sono state osservate per la prima volta. In tutti e tre i casi il virus presenta delle mutazioni sulla cosiddetta proteina 'Spike', che è quella con cui il virus 'si attacca' alla cellula". Oltre a quella inglese, ci sono anche la brasiliana e la sudafricana.

"La 'variante inglese' è stata isolata per la prima volta nel settembre 2020 in Gran Bretagna, mentre in Europa il primo caso rilevato risale al 9 novembre 2020. E' monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata", ed è stata "ipotizzata anche una maggiore patogenicità, ma al momento non sono emerse evidenze di un effetto negativo sull'efficacia dei vaccini".

Fino a questo momento, spiega ancora l'Iss, non sembra "causare sintomi più gravi in nessuna fascia di età. La malattia si presenta con le stesse caratteristiche e i sintomi sono gli stessi di tutte le altre varianti del virus. In termini di trasmissibilità la variante 'inglese' manifesta un aumento per tutte le fasce di età, compresi i bambini". 

La comparsa di varianti del patogeno responsabile della pandemia di Covid-19 non è inattesa. "I virus, in particolare quelli a Rna come i coronavirus - spiega infatti l'Iss - evolvono costantemente attraverso mutazioni del loro genoma. Mutazioni del virus Sars-CoV-2 sono state osservate in tutto il mondo fin dall'inizio della pandemia".

"Mentre la maggior parte delle mutazioni non ha un impatto significativo - precisa l'Istituto - qualcuna può dare al virus alcune caratteristiche come ad esempio un vantaggio selettivo rispetto alle altre attraverso una maggiore trasmissibilità, una maggiore patogenicità con forme più severe di malattia, o la possibilità di aggirare l'immunità precedentemente acquisita da un individuo o per infezione naturale o per vaccinazione. In questi casi diventano motivo di preoccupazione, e devono essere monitorate con attenzione".

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