Come avere un marchio sulla fronte. Così si sente un malato di epatite su due: discriminato e stigmatizzato. E' quanto emerge da uno studio condotto dal ministero della Salute brasiliano e presentato in un congresso a Vienna, che ha coinvolto 1.217 persone. Se la metà dei pazienti riferisce di aver subito una discriminazione, uno su quattro precisa che gli stessi familiari hanno evitato il contatto fisico dopo aver saputo dell'infezione.
Una reazione che ha accomunato anche molti amici: il 73% circa si è confidato con i più intimi, e circa il 47% dice di essere stato discriminato, mentre il 24% circa non è più stato invitato a feste ed eventi sociali. Lo stigma ha avuto un impatto pesante persino sul posto di lavoro: il 46% si è confidato con i colleghi, e di questi il 10% ha perso l'impiego. E se per gli intervistati il 70% dei medici si è comportato in modo appropriato, il 24% dei dottori ha mantenuto le distanze e il 7% ha addirittura negato le cure ai malati di epatite.
"Uno studio scioccante", lo ha definito Marcelo Naveira, del segretariato per la sorveglianza delle malattie del ministero della Salute brasiliano. "Mostra infatti come l'epatite sia accompagnata da uno stigma che influisce pesantemente sulla vita quotidiana", continua. Uno stigma "basato spesso sulla mancanza di conoscenza, che però può scoraggiare le persone dal fare i test e accedere così alle cure. C'è bisogno - conclude Markus Peck, segretario generale dell'Easl (Associazione europea per lo studio del fegato) - di educare la popolazione, parlare dell'epatite, contrastare lo stigma e distruggere le barriere che allontanano dalla diagnosi e dalle cure".
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