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A Pantelleria il debutto dell'F35B, ecco cosa può fare

31 luglio 2020 | 13.58
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Decollo rapidissimo, rifornimento in volo e a terra da un tanker KC-130J, atterraggio su una pista corta. L’F35B gioiello dell’Aeronautica militare da oltre 100 milioni di euro con capacità di decollo corto e atterraggio verticale, debutta in un’esercitazione a Pantelleria, l’isola delle Pelagie ad appena 70 km dalla costa tunisina. Ma nella scelta dell’isola "non c’è nessun segnale politico", assicura il generale Alberto Rosso, capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Militare, ma "solo un’esigenza tecnica" di testare e mettere in mostra le capacità che la forza armata è in grado di esprimere per proiettare velocemente un adeguato pacchetto di forze anche in territori difficili e lontani dalle basi stanziali, con la particolarità di poter operare anche da piste molto ridotte e che normalmente non sarebbero utilizzabili da velivoli da combattimento convenzionali. "Solo per dare un’idea – sottolinea il generale – in Africa ci sono circa un centinaio di piste che hanno una lunghezza tra i 2.800 e i 3.000 metri ma c’è venti volte il numero di piste che hanno tra i 1.000 e i 1.500 metri di lunghezza. Poter utilizzare piste corte consente di moltiplicare la capacità di rischierarsi là dove può essere utile in maniera più conveniente e veloce, soprattutto più vicini alla zona di operazione. Avere una macchina che è in grado di decollare da 1.000-1.500 metri consente una flessibilità incredibile anche in scenari al momento solo lontanamente ipotizzabili".

"Vuol dire, ad esempio - spiega Rosso - poter utilizzare tratti autostradali o altre vie di comunicazione come eventuali piste di atterraggio e quindi poter contare sulla possibilità di disperdere gli aeroplani, se necessario, su più luoghi, garantendone una maggiore sopravvivenza. Tutto questo permette al potere aerospaziale di avere una maggiore imprevedibilità, un fattore che aiuta enormemente in un potenziale conflitto ed è una capacità fondamentale in qualsiasi ipotetico scenario”. E sotto il sole cocente di questo estremo lembo d’Italia che simulava un ambiente definito ‘semi‐permissivo’ lontano dalla madre Patria, la missione è stata compiuta. “In questa esercitazione siamo stati testimoni - spiega con orgoglio il tenente colonnello Maurizio De Guida, uno degli esperti dello Stato maggiore presenti all’esercitazione - di tante e articolate singole attività che nel loro insieme vanno a costruire un puzzle molto più complesso che noi chiamiamo in gergo tecnico la capacità ‘expeditionary’ dell’Aeronautica Militare, ovvero – chiarisce De Guida - quella capacità di proiettare potere aerospaziale in tempi rapidi in un’area di interesse, grazie anche a capacità come quella del trasporto aereo essenziale per trasferire velocemente un team di personale necessario per creare una bolla di sicurezza e le predisposizioni logistiche iniziali richieste".

"Mentre si svolgeva l’evento, l’area era osservata costantemente dall’alto da qualcuno che vigilava”. Quel qualcuno era il Predator, aereo a pilotaggio remoto capace di sorvegliare l’area senza essere visto e inviare anche a centinaia di km di distanza immagini dettagliate ed informazioni preziose. "Abbiamo assistito, in pochi minuti - conclude De Guida - a due attività particolari mentre il caccia era a terra: il rifornimento effettuato direttamente dal tanker KC-130J grazie al sistema ALARP (Air Landed Aircraft Refuelling Point) e alle operazioni di armamento. In passato, senza questo tipo di tecnologie a disposizione, tutto questo sarebbe stato impensabile. Siamo certamente di fronte a una grossa evoluzione per il potere aereo”.

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