Nuovo duro colpo al clan del boss latitante Matteo Messina Denaro. Dalle prime ore dell'alba è in corso una imponente operazione di carabinieri, polizia e Dia, che stanno eseguendo nel trapanese un provvedimento di fermo nei confronti di 21 persone emesso dalla Dda di Palermo. Sono ritenute affiliate alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna. Sono indagati per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni.
Tra le persone fermate ci sono anche due cognati di Matteo Messina Denaro. Si tratta di Gaspare Como e Rosario Allegra, i mariti di Bice e Giovanna Messina Denaro. Secondo gli inquirenti sarebbero stati proprio loro a organizzare la latitanza della primula rossa ricercata dal 1993.
Perquisizioni a tappeto sono state effettuate nella notte nelle abitazioni di persone ritenute vicine al boss. Decine di persone sono state controllate tra Castelvetrano e Campobello di Mazara.
Le indagini, "oltre ad accertare il capillare controllo del territorio esercitato da Cosa nostra ed il sistematico ricorso all'intimidazione per infiltrare il tessuto economico locale", hanno "consentito di individuare la rete relazionale funzionale allo smistamento dei "pizzini" con i quali il latitante impartiva le disposizioni ai suoi sodali". Ne sono convinti gli inquirenti che hanno condotto l'indagine 'Anno zero'.
L'operazione "ha confermato il perdurante ruolo apicale di Matteo Messina Denaro della provincia mafiosa trapanese e quello di reggente del mandamento di Castelvetrano assunto da un cognato, in conseguenza dell'arresto di altri membri del circuito familiare". E' quanto dicono gli investigatori che hanno coordinato l'inchiesta.
Scioccanti sono le intercettazioni emerse nel corso delle indagini. "Ha fatto bene!" a sciogliere il piccolo Giuseppe Di Matteo nell'acido, dice, senza sapere di essere intercettato, uno degli uomini ritenuti vicini a Matteo Messina Denaro, arrestato oggi. "Se la stirpe è quella... suo padre perché ha cantato?", chiede l'uomo al suo interlocutore parlando del pentito Santino Di Matteo, padre del bimbo sciolto nell'acido.
"Ha rovinato mezza Palermo quello, allora perfetto", continua accanendosi contro l'ex mafioso. "Il bambino è giusto che non si tocca, però 700 giorni sono due anni ... tu perché non ritrattavi tutte cose? Se tenevi a tuo figlio, allora sei tu che non ci tenevi", dice ancora la voce intercettata.
Si tratta di "un dato grave e inquietante", secondo il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi, perché dalla conversazione emerge che i due "non solo condividono ma supportano l'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, ritenendo che fosse una decisione corretta".