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Processo Vaticano, in Aula il video della Marogna che porta i pasticcini a casa di Becciu

Il cardinale Angelo Becciu (Fotogramma)
Il cardinale Angelo Becciu (Fotogramma)
13 ottobre 2022 | 19.55
LETTURA: 6 minuti

Nell'Aula del Tribunale Vaticano, in occasione del processo per lo scandalo finanziario legato alla compravendita del Palazzo di Sloane Avenue, irrompono le immagini della sera del 17 settembre 2020 e dell'indomani mattina, serata nella quale Cecilia Marogna, la manager sarda imputata nel processo, andò a casa del cardinale Angelo Becciu, anche lui imputato. Nelle sequenze del video proiettato in Aula, si vede Marogna, trolley alla mano, fare ingresso nell'abitazione del cardinale la sera del 17 settembre. L'indomani, in sequenza, il video mostra l'uscita di Becciu, a ruota quella delle suore. La Marogna resterà sola in casa del cardinale. Quindi al rientro delle suore, la Marogna uscirà nel primo pomeriggio per versare sul suo conto corrente mille euro. Nelle sequenze si vede la Marogna tornare nella casa di Becciu con un vassoio di pasticcini. Quindi l'uscita definitiva in taxi.

A questo proposito, il commissario De Santis, nel corso della sua testimonianza in Aula, ribaltando la versione offerta a suo tempo dal cardinale Becciu che aveva detto che Marogna soggiornò a casa sua e non in albergo perché intimorita dal Covid, ha detto che "in quel periodo non c'erano restrizioni". A riprova della sua versione dei fatti, De Santis ha sottolineato che "Marogna aveva alloggiato in quei giorni in diversi alberghi con i soldi della Segreteria di Stato".

DE SANTIS (GENDARMERIA): "BECCIU NON ERA SORPRESO DI VEDERCI" - "Mai ho sentito che si dovesse preservare Cecilia Marogna per una attività segreta nota solo al Papa". Nel corso dell'interrogatorio davanti al Tribunale del Vaticano nell'ambito dello scandalo finanziario legato alla compravendita del Palazzo londinese di Sloane Avenue, il commissario della Gendarmeria Stefano De Santis è tornato sull'incontro avvenuto il 3 ottobre 2020 a casa del cardinale Angelo Becciu, tra i dieci imputati insieme alla manager sarda Cecilia Marogna. Il pm Alessandro Diddi, in particolare, è tornato sul presunto patto di riservatezza dell'incontro di cui aveva parlato ieri Becciu. De Santis ha precisato: "Gauzzi (il capo della Gendarmeria, ndr) ricevette un sms dal cardinale. Mi chiese di accompagnarlo. Quando arrivammo mi accorsi che Becciu non era sorpreso. L'incontro per me era stato chiesto dal cardinale. Non è vera la circostanza della segretezza dell'incontro. Sarebbe stato arduo che in Vaticano non fosse trapelata in breve" una circostanza del genere. "Mai - ha detto De Santis - ho sentito che si dovesse preservare la Marogna per attività segrete conosciute solo dal Papa".

Durante la testimonianza di De Santis è intervenuto anche l'avvocato del cardinale Becciu, Fabio Viglione, dicendo al presidente Pignatone: "Noi vogliamo la verità". Al che Pignatone ha ribattuto: "La verità processuale perchè la verità con la V non ci riguarda". Il pm Diddi ha poi chiesto a De Santis se nell'incontro del 3 ottobre furono loro ad introdurre il discorso della Marogna col cardinale o viceversa. De Santis ha detto: "Noi sulla base delle chat". A detta del commissario, infatti, Becciu sarebbe stato "già informato, tramite mons. Perlasca, che i soldi della segreteria di Stato erano stati depredati dalla Marogna. Becciu era solo stupito che emergesse il nome della Marogna". Al commissario della Gendarmeria è stato chiesto anche se Marogna avesse ruoli nell'intelligence: "No, non mi risulta". De Santis ha detto ancora che "su delega di Becciu ci siamo occupati di attività di sequestro di persona".

"BECCIU NON CAPIVA INDAGINE SPES, PER LUI ERA FARE DEL BENE" - Il cardinale Angelo Becciu "non comprendeva il provvedimento del Santo Padre e l'iniziativa dei magistrati che stavano indagando sulla Spes. Per lui era fare del bene verso una cooperativa che in Sardegna fa del bene". Lo ha detto Stefano De Santis, commissario della Gendarmeria del Vaticano, nel corso della seconda parte dell'interrogatorio nell'udienza del processo nato dall'affaire del palazzo di Londra che vede tra gli imputati proprio l'ex sostituto della Segreteria di Stato in relazione alla cooperativa sarda cui vennero destinati fondi della Segreteria di Stato.

"Per lui - ha aggiunto De Santis rispondendo alle domande del promotore di giustizia Alessandro Diddi - era una attività normale: aveva disponibilità di quei fondi e ha utilizzato quei fondi verso una cooperativa che faceva del bene".

"IN AUDIO HOTEL BULGARI ESTORSIONE TORZI" - Rappresentò una svolta nelle indagini vaticane messe in moto dall'inchiesta sul palazzo di Londra la registrazione audio della conversazione tra Enrico Crasso, Fabrizio Tirabassi e Gianluigi Torzi all'hotel Bulgari di Milano. Lo ha spiegato Stefano De Santis, commissario della Gendarmeria del Vaticano, nel corso della seconda parte dell'interrogatorio da parte del pm del Tribunale vaticano.

A registrare l'audio era stato proprio Crasso, ex gestore delle finanze vaticane, imputato nel processo con l'ex funzionario amministrativo della Segreteria di Stato Tirabassi e il rider Torzi. "Ci viene fornito un audio di interesse investigativo registato da Crasso presso l'hotel Bulgari di Milano di una conversazione tra lo stesso Crasso, Tirabassi e Gianluigi Torzi che ci permette di comprendere la condotta di Torzi e quella di Crasso e Tirabassi", ha sottolineato De Santis, spiegando che proprio nella registrazione si può ascoltare "concretizzarsi" l'estorsione da 15 mln che secondo gli inquirenti vaticani avrebbe messo a segno Torzi.

"Ancora oggi - ha aggiunto il numero due della Gendarmeria - non comprendiamo per quale motivo la Segreteria di Stato per diventare proprietaria e poter gestire l'immobile abbia dovuto triangolare attraverso Torzi l'operazione con Mincione".

BECCIU PRESENTE IN AULA. I DIFENSORI: "IN UDIENZA CONFERMATE DICHIARAZIONI CARDINALE" - "Esprimiamo soddisfazione per l’udienza odierna, durante la quale sono state confermate tutte le dichiarazioni offerte al Tribunale dal Cardinale durante il suo interrogatorio, e in particolare che gli investimenti della Segreteria di Stato furono approvati previa individuazione, istruttoria e proposta dell’Ufficio Amministrativo e del Capo Ufficio, Mons. Perlasca; che mai il Cardinale decise in difformità dal parere tecnico degli Uffici. E' emerso inoltre che quando giunse in Segreteria, il Cardinale non mutò il personale dipendente: chi già lavorava, rimase al proprio posto; e così anche per i consulenti finanziari esterni". Così in una nota gli avvocati Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, difensori del cardinale Angelo Becciu nel processo in corso in Vaticano.

"Quanto alla operazione di liberazione, è emerso che una parte dei pagamenti fu eseguita dal suo successore, Mons. Pena Parra, ed è stata data lettura di un messaggio che conferma la piena legittimità dell’operazione, autorizzata direttamente dal Santo Padre", aggiungono.

Quanto alla Spes, sottolinea la difesa di Becciu, "è emerso che gli inquirenti non hanno ritenuto di ascoltare i Vescovi di Ozieri sulle erogazioni liberali ricevute. Già in atti, comunque, sono presenti loro dichiarazioni, raccolte quasi due anni fa dalla difesa, che confermano le richieste ed il corretto impiego dei fondi ricevuti. Non riusciamo davvero a comprendere come, anche a fronte di questo pieno riconoscimento, perfino pubblicamente manifestato, si possa ancora sostenere qualsiasi irregolarità sul punto attribuibile al Cardinale. Ancora una volta si riafferma la piena correttezza del comportamento del Cardinale Becciu, che non senza sofferenza ma con massimo rispetto del Tribunale anche oggi, come d’abitudine, ha partecipato all’udienza".

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