Presentato a Roma il 9 febbraio a Palazzo Valentini, è scritto da 10 giornaliste e attiviste
Cosa succede alle donne che denunciano violenza domestica? Nel cortocircuito giudiziario che spesso le trasforma da vittime in carnefici, può accadere loro perfino di vedersi sottratto il proprio figlio dalla Stato, magari in nome di teorie psicologiche senza fondamento, come quella "dell’alienazione parentale", sconfessata dalla comunità scientifica. Danni collaterali? Calvari giudiziari combattuti a suon di carte bollate, perizie, incontri protetti, un fiume di denaro speso in avvocati e consulenti tecnici per difendere se stesse e i propri bambini dalla macchina dello Stato.
Una spirale assurda e drammatica ora raccontata in un libro-inchiesta in arrivo in libreria "Senza madre. Storie di figli sottratti dallo Stato", pubblicato dalle Edizioni scientifiche Magi e frutto del lavoro di dieci tra giornaliste e attiviste. Clelia Delponte, Franca Giansoldati, Flavia Landolfi, Silvia Mari, Assuntina Morresi, Monica Ricci Sargentini, Nadia Somma, Paola Tavella, Emanuela Valente e Livia Zancaner spiegano -attraverso testimonianze dirette- quanto succede nei tribunali italiani, fatti ancora poco noti alla pubblica opinione. La prefazione è di Francesca Ceroni, sostituta procuratrice della Repubblica presso la Corte di Cassazione, mentre la postfazione è curata dalla giornalista Monica Lanfranco.
"In questi casi -spiega all'Adnkronos Flavia Landolfi, una delle autrici del volume- la stella polare che guida i procedimenti di affidamento dei minori non è il benessere psicofisico, ma la bigenitorialità, sempre e comunque, anche contro il volere dei più piccoli, anche in presenza di evidenti segnali di violenza domestica. Il meccanismo è semplice: nei casi controversi o su richiesta delle parti viene nominato un esperto (psicologo o psichiatra), che attraverso una perizia stabilisce il da farsi, a volte anche il calendario delle visite". (segue)
Madri sotto accusa costrette a dimostrare la propria innocenza
"Con il cavallo di Troia dell’alienazione parentale -prosegue la giornalista- sempre più spesso le perizie rintracciano nel rifiuto del bambino la mano materna, il plagio, la manipolazione. Ed è su questo che i giuristi dovrebbero saltare sulle sedie, sulle procedure giudiziarie che indagano le eventuali manipolazioni. L’elefante nella stanza è innanzitutto il ribaltamento del principio di non colpevolezza, architrave del diritto moderno, spina dorsale dello stato di diritto. Per il solo rifiuto del bambino a frequentare l’altro genitore, le madri si trovano sotto accusa, a dover dimostrare la propria innocenza".
Il libro verrà presentato a Roma il prossimo 9 febbraio, alle 10,30 nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani (in via della Dogana Vecchia 29) per iniziativa della senatrice Valeria Valente, già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, che parteciperà all'incontro con Maria Teresa Bellucci viceministra per il lavoro e le politiche sociali, insieme alle autrici Franca Giansoldati, Flavia Landolfi, Silvia Mari Assuntina Morresi, Nadia Somma, Paola Tavella, Emanuela Valente, Livia Zancaner. A moderare il dibattito sarà la giornalista Flavia Fratello.
Sono storie vere, crudeli e assurde, portate alla luce da giornaliste che da anni hanno indagato su questa pratica ingiusta: avvengono tutti i giorni, in tutte le città, a ogni ora. Vicende drammatiche di cui quasi nessuno sa, di cui quasi nessuno parla. Ad accomunarle è la sindrome da Alienazione Parentale (Pas), quella dinamica psicologica disfunzionale, che "porterebbe uno dei genitori, a seguito di una separazione coniugale, a manipolare il figlio minore, alienandolo da altri affetti e producendo odio e rancore verso l’altra figura genitoriale". (segue)
Autrici 10 giornaliste, attiviste e madri denunciano una pratica ingiusta
Una teoria quantomeno controversa e screditata dalla comunità scientifica internazionale, poiché si basa su diagnosi spesso inefficaci e arbitrarie, ma che ciò nonostante, regna ancora sovrana nei tribunali italiani.
Le modalità con cui i bambini vengono allontanati dalle madri -ritenute le principali figure alienanti- danno la misura di quanto il benessere dei piccoli sia l’ultima delle preoccupazioni degli operatori e servizi sociali.
I bambini infatti vengono affidati a Case-famiglie, ad altre famiglie oppure addirittura a quei padri, già denunciati e, a volte, perfino condannati per violenza famigliare, mentre la quasi totalità delle madri è giudicata "idonea, non violenta, accudente". Questo tuttavia non basta e molte di queste donne rischiano di non rivedere per anni, o addirittura mai più, i loro figli. (Rossella Guadagnini)