''La Convenzione di Ginevra non è per nulla superata e in nessun Paese è mai stato sufficiente essere gay o donna per ottenere l'asilo politico. E' stato grazie alle femministe negli Stati Uniti che è stato conquistato il diritto di asilo per identità di genere''
La Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati del 1951 ''non è affatto superata'' e ''in nessun Paese è mai stato sufficiente essere gay o donna per ottenere l'asilo'', condizione che secondo la ministra degli Interni britannica Suella Braverman andrebbe respinta. Anzi, ''le donne hanno lottato molto per entrare'' nella Convenzione di Ginevra e ''la conquista del diritto di asilo sulla base dell'identità di genere, dell'orientamento sessuale o delle considerazioni di genere è una conquista molto recente alla quale si è arrivati per la prima volta nel 2001''. Lo spiega all'Adnkronos la docente di filosofia del diritto all'Università Roma Tre Enrica Rigo, autrice di 'La straniera', volume che come sottotitolo reca ''migrazioni, asilo, sfruttamento in una prospettiva di genere''.
Rispondendo a Braverman, Rigo afferma che l'essere gay o donna per ottenere l'asilo rientra ''nella persecuzione basata sulla appartenenza a un determinato gruppo sociale''. Ovvero a ''una discriminazione di genere che è strutturale, come ci insegna la Convenzione di Istanbul''. Autrice di 'Europa di confine. Trasformazioni della cittadinanza nell'Unione allargata'', la docente spiega che ''se vogliamo tradurre in maniera più terra a terra questa questione, è molto più semplice dare asilo per ragioni che riteniamo 'esotiche' piuttosto che perché una donna viene picchiata dal marito fino alla morte''. Anche perché, aggiunge, questo riguarda anche ''casa nostra'' e ''la violenza sulle donne è trasversale''.
La battaglia portata avanti da Braverman, quindi, ''non è una battaglia contro il diritto di asilo, ma contro le donne e le soggettività Lgbtq. E' una battaglia antifemminista''. Ma la ministra degli Interni britannica non è stata l'unica a condurla. ''Nel 2018 il procuratore generale degli Stati Uniti, durante l'Amministrazione Trump, ha portato avati una battaglia simile rovesciando un paio di decenni di giurisprudenza sull'asilo alle donne''. La questione politica è il ''non riconoscimento della violenza di genere e quindi della convenzione di Ginevra''. Questa era stata scritta pensando alla figura del dissidente politico e ''la grande battaglia femminista è stata quella di far riconoscere la violenza contro le donne come rilevante nella sfera pubblica e di cui la politica deve tenere conto''. Ciò vale oggi anche per le discriminazione sulla base dell'identità Lgbtq.
''Alla conquista del diritto di asilo sulla base dell'identità di genere si è arrivati con spinte dal basso di gruppi femministi negli Stati Uniti, il cosiddetto femminismo giuridico, che ha portato in giudizio i casi di donne vittime di maltrattamenti domestici e stupro, provenienti in quel caso dall'America Latina. Battaglie che sono state portate avanti a partire dagli anni 80'' e da avvocati che hanno difeso donne provenienti ''da Haiti o da El Salvador dove lo stupro veniva usato come arma di guerra'', spiega Rigo. Tanto che ''lo stupro è stato riconosciuto come forma di tortura prima nei Tribunali americani e poi dalle Nazioni Unite''. Si arrivati poi al 2001, con ''le linee guida dell'Unhcr che si riferiscono alla violenza conto le donne''e alle quali ''seguono le linee guida del 2012 sui richiedenti asilo sulla base dell'identità sessuale e dell'orientamento sessuale''.
Fondatrice della Clinica del diritto dell'immigrazione e della cittadinanza, Rigo spiega che in particolare ''per l'Europa vale la Convenzione di Istanbul del 2011 sulla violenza contro le donne, che impone agli Stati di tener conto del genere e del gruppo sociale donne nelle domande di asilo''. C'è poi stata ''la riforma della Direttiva qualifiche, che impone agli stati di tenere conto dell'identità di genere, quindi anche dei transessuali, e dell'orientamento sessuale''. La Direttiva qualifiche viene ''ratificata anche dall'Inghilterra, anche se non è dentro Schengen''.
Ma ''un conto è il diritto sulla carta e un altro quello nelle Corti'' perché restando ''in Inghilterra il diritto di asilo riconosciuto alle persone Lgbtq è sempre stato un terreno molto scivoloso'' perché Londra ''prevede quello che viene chiamato il test della discrezione, ovvero il fatto che se una soggettività gay o lesbica può vivere senza manifestarlo in pubblico, allora può essere rimpatriata''. Insomma, ''il confine si gioca tutt'ora sul fatto che l'Inghilterra rimpatria se volontariamente si decide di voler manifestare l'orientamento sessuale solo nella vita privata. Il confine è molto labile''.
Rigo ricorda comunque che ''uno dei problemi è arrivare in Europa e chiedere asilo. La rotta del Mediterraneo è mortifera, ma lo è anche quella che attraversa la Manica. La Ue - prosegue - si pone malamente nei confronti di tutti i richiedenti asilo'' e ''le linee guide del 2001 e 2011 sono molto importanti perché l'Unhcr è custode della Convenzione di Ginevra, ma si tratta di soft law''.