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Siccità: geologi, uscire da logica emergenziale, non porta a nulla

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24 luglio 2017 | 15.01
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“È necessario uscire dalla logica dell’emergenza per la mancanza di risorse idriche poiché l’intervento emergenziale, in una fase di grave siccità come quella che stiamo attraversando, rischia di portare al nulla”. Così Arcangelo Francesco Violo, segretario nazionale e coordinatore della Commissione Risorse idriche del Consiglio Nazionale dei Geologi. Il binomio caldo-siccità, in questa torrida estate 2017, ha creato una situazione drammatica: due terzi dell’Italia e dei campi coltivati lungo la Penisola sono a secco e, secondo un’analisi di Coldiretti, i danni superano già i due miliardi di euro nel settore agricolo.

Quali misure intraprendere per dare delle risposte concrete al problema della scarsità delle risorse idriche? "Innanzitutto – spiega Violo - molte formazioni geologiche funzionano come immensi serbatoi naturali di acqua con regime poco influenzato da periodi di siccità. Conoscendo, gestendo, monitorando e, in alcuni casi, ricaricando questi serbatoi, possiamo disporre di un volano con cui far fronte alle emergenze; è possibile ridurre l’impatto delle derivazioni di acque, soprattutto quelle più preziose come le acque sotterranee".

Troppo spesso, le opere di derivazione vengono eseguite senza le necessarie buone regole per preservare l’ambiente geologico o, addirittura, "in maniera abusiva", sottolinea Violo.

E ancora, per affrontare la situazione, servirebbe un riordino del settore con norme, procedure e competenze semplici e chiare per sistemare "l’abnorme numero di norme, mal coordinate tra loro, e di Enti che intervengono nella gestione della risorsa idrica", aggiunge il coordinatore della Commissione Risorse idriche del Consiglio Nazionale dei Geologi.

Infine, strettamente connesso al tema della perdita di quantità di risorsa idrica, è il tema del mantenimento della qualità, messa a rischio da microinquinanti e inquinamenti diffusi. Promuovere il riuso delle aree dismesse porterebbe non solo a un minor consumo di suolo ma anche a una minor pressione sulle acque sotterranee.

Insomma, "la gestione delle risorse idriche deve, in tempi di abbondanza, preparare le riserve per i sempre più frequenti periodi siccitosi. Se per alcune aree può essere ancora possibile pensare a bacini superficiali, per altre è il sottosuolo che deve fungere da riserva, sia suddividendo i vari usi su diversi acquiferi in funzione della qualità, sia utilizzando il sottosuolo stesso come la più naturale delle riserve d’acqua". Come? Utilizzando metodi per trattenere le acque il più possibile all’interno del territorio, rallentandone il deflusso, mantenendo il deflusso vitale dei fiumi e dei torrenti e favorendo la ricarica delle falde con un positivo effetto di rallentamento dell’abbassamento dei livelli delle falde nei periodi siccitosi.

“In questi momenti in cui ci rendiamo coscienti dell’esistenza di un oro blu, non inesauribile, di cui è necessario preservare anche la qualità - conclude il geologo - bisogna ricordare che è possibile utilizzare il sottosuolo e le falde in esso contenute come una ‘banca dell’acqua’ che può essere gestita e ricaricata, per poter sostenere quantitativamente e qualitativamente nel tempo una risorsa per noi così preziosa”.

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