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Razzismo

Malagò: "Contro i violenti modello "

(Afp)
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28 dicembre 2018 | 16.22
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"Condivido l'opinione di Gravina: sarebbe stato sbagliato non giocare. Fermare il campionato avrebbe rappresentato una sconfitta ulteriore, una resa". Così il presidente del Coni, Giovanni Malagò, commenta all'Adnkronos la decisione del presidente federale di far disputare il prossimo turno di serie A, in programma sabato, dopo i disordini di San Siro e la morte di un ultras. Contro i violenti, per il numero uno del Coni il modello da seguire "è quello dell'Inghilterra e della Thatcher".

In caso di cori razzisti, aggiunge Malagò in riferimento all'episodio che ha visto protagonista Kalidou Koulibaly, "l'arbitro deve avere la facoltà, oltre di sospendere, di poter chiudere la partita". "Bisogna far sì che non ci sia una distribuzione dei ruoli tra più soggetti", dice riferendosi alla norma attuale secondo cui solo il responsabile dell'ordine pubblico può decidere l'interruzione delle partite dopo i primi richiami dell'arbitro e dello speaker. "Una volta sentito il coro, si va tutti a casa, in un modo o nell’altro deve essere così. Capisco che è indispensabile che sia il questore a valutare, ma non si può nemmeno disattendere davanti a un dato di fatto".

Malagò si dice poi d'accordo con il tecnico del Napoli, Carlo Ancelotti: "Portare via la squadra per i cori razzisti sarebbe stata una bella idea. Ma ancora di più avrei adorato se, come ha detto Vecchioni in un'intervista, fosse stato Icardi (capitano dell'Inter, ndr) a dire ritiriamo la squadra, perché questo è il vero messaggio della cultura sportiva".

D'altra parte, contro i violenti "serve tolleranza zero, serve una legge che vada oltre il concetto di Daspo. Il modello è quello dell'Inghilterra e della Thatcher, bisogna avere il coraggio di chiudere con un certo tipo di elasticità, disponibilità". "Ormai - continua Malagò - è evidente che fuori dallo stadio c'è una dinamica che non si riesce a fermare", evidenzia il capo dello sport italiano, sottolineando anche "il danno di immagine" causato dai violenti nel primo 'Boxing Day' della serie A. "Tutto questo - dice - non fa che depauperare il prodotto".

Per Malagò, non aiutano nemmeno le continue polemiche dei presidenti e anche da questo punto di vista l'Italia è ancora distante da altri paesi. "Anche questa è una dinamica tutta italiana. Cerchiamo di emulare la Premier League con il boxing day ma in Inghilterra vedete mai un presidente che fa un'intervista prima o dopo la partita? Lì c’è un manager che fa gli interessi dei club. Da noi la filosofia, a torto o ragione, è rappresentata da un padre padrone che ritiene di fare spesso discorsi di parte per difendere i propri interessi".

Malagò parla poi della sua esperienza come commissario della Lega Serie A: "Pentito? No, anzi. In 90 giorni si è recepito lo statuto, si è nominato un presidente all'unanimità, caso più unico che raro, si è dipanato il delirio sui diritti tv che ci preoccupava molto. Poi il presidente ha trovato anche un Ad. Se parlate con una delle società di quel periodo commissariale, penso sia stato un percorso di grande successo". Mentre sul commissariamento della Figc, Malagò sottolinea che "il Coni era obbligato dalla legge a commissariare una federazione che per quattro volte non riuscì a trovare un presidente. È stata solo colpa loro

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