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Acqua dell'Elba sbarca in Kuwait e pensa alla Borsa

31 ottobre 2017 | 19.02
LETTURA: 3 minuti

Laboratorio Acqua dell'Elba
Laboratorio Acqua dell'Elba

di Vittoria Vimercati

"E' una cosa da pazzi, non arriverete mai su uno scaffale", aveva detto nel 2001 un responsabile marketing della catena Limoni, liquidando in dieci minuti i tre soci fondatori dell'Acqua dell'Elba. Una profezia che non si è avverata. O, per lo meno, non del tutto. Fabio Murzi, l'architetto del paesino dell'Elba Marciana Marina che ebbe l'intuizione di creare un profumo ispirato alla sua terra, si è reso conto che dello scaffale della grande distribuzione si poteva anche fare a meno. Dopo diciassette anni, la startup ante litteram fondata nel 2000 è una delle realtà imprenditoriali più vivaci della profumeria Made in Italy ed è pronta a sbarcare a Kuwait City e negli Emirati arabi dopo i primi contratti distributivi negli Stati Uniti, in Russia e in Corea.

L'espansione è stata mite e misurata: è partita dai negozi sull'isola, che oggi sono diciannove. Sul continente, ha iniziato con i monomarca in Toscana, per poi arrivare a Venezia, Roma, Como e Palermo. Per il resto, l'Acqua dell'Elba ha 580 fedeli clienti profumieri sparsi in tutta la penisola e, in Europa, vende con il negozio online. "Abbiamo scelto di non andare nelle grandi catene perché vogliamo mantenere l'aura di particolarità del prodotto: non siamo grandissimi e - spiega il presidente Murzi all'Adnkronos - non ci conviene massificare. Poi, dobbiamo una certa gratitudine alle profumerie che per prime hanno creduto in noi".

Con oltre 9,1 milioni di giro d'affari nel 2016 ("quest'anno faremo tra il 5 e il 10 per cento in più"), la società nata come laboratorio artigianale potrebbe presto portare l'Elba a Piazza Affari. "I capitali ci servirebbero se cambiassimo strategia in Europa e aprissimo lì nuovi monomarca. Quello che ci serve ora - sottolinea Murzi - sono le competenze, sia di struttura che di managerialità. Per questo, stiamo valutando, magari tra due anni, una volta che l'internazionalizzazione sarà a buon punto, un discorso di quotazione in Borsa, magari sull'Aim".

I soci, Fabio Murzi, la sorella Chiara e Marco Turoni, non avrebbero potuto immaginare nulla di tutto ciò nei primi anni di vita del profumo. La fatica più grande? "Ottenere la licenza per comprare l'alcool. Ci abbiamo messo più di un anno a diventare operativi: non sapevano nulla, non eravamo chimici". L'incontro con il dirigente di Limoni, nel 2000, non li ha scoraggiati. "Il nostro desiderio era continuare a vivere e lavorare all'isola d'Elba: secondo la vulgata comune la nostra era un'impresa velleitaria e impossibile. Ma, per me - racconta - l'Elba era il marchio".

I primi profitti sono arrivati dopo quattro anni, nel 2004, quando alcune profumerie italiane cominciano a chiedere il prodotto. "Chi tornava a casa dalle vacanze all'isola d'Elba cercava il profumo anche nella sua città. Abbiamo iniziato con il passaparola". Nel 2006, "da tre che eravamo, siamo diventati 25 persone, e dai profumi siamo passati anche ad altri prodotti". Oggi, in alta stagione i dipendenti sono più di cento e, tra laboratorio e uffici, l'Acqua dell'Elba dà lavoro a quaranta persone, quasi tutte donne e quasi tutte dell'isola.

Rispettare il territorio e i suoi abitanti fa parte delle strategie dell'azienda. Il progetto più suggestivo di salvaguardia ambientale è la Via dell’Essenza, un piano di recupero dello storico sentiero costiero elbano che rimetterà a nuovo 130 chilometri di strade. Un impatto indiretto da non sottovalutare è quello turistico. "Gli arabi in effetti non vengono ancora all'isola dell'Elba", ma un negozio a Kuwait City potrebbe incuriosirli. Lo stesso vale per New York, Mosca, Tokyo e Seul. "Se facciamo del bene alla terra? E' una cosa che ci dicono in molti, ma non ci piace auto compiacerci".

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