
La presidente Paolini: "Paziente ancora oggi considerato colpevole della sua patologia"
"Il ruolo interpretato da Brendan James Fraser in 'The Whale', film che gli è valso il premio Oscar, è più che mai di attualità, e può sicuramente essere da stimolo per la prevenzione del sovrappeso e dell'obesità, ma soprattutto per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla discriminazione sistemica che subiscono quotidianamente le persone affette da quella ch,e ricordiamo e precisiamo, è una patologia". Così, all'Adnkronos Salute, la presidente delll'Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi) Barbara Paolini, alla vigilia della Giornata nazionale del 'Fiocchetto lilla', dedicata alla prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare, sottolinea l'importanza dell'attenzione a una tematica importante come quella dell'obesità anche nel cinema.
"Nonostante la gravità di questa malattia, e il fatto che interessi ormai tutto il globo terrestre tanto da parlare di 'Globesità', il paziente affetto da obesità è spesso ancora oggi considerato colpevole della sua patologia", aggiunge Paolini, sottolineando come anche approfondire attraverso un film la complessità di questa condizione può essere di grande aiuto.
"Lo stigma basato sul peso rappresenta uno degli aspetti più significativi e debilitanti, ma spesso trascurato, del vivere in una condizione di obesità, esso può avere un impatto negativo sulla salute fisica, psicologica e sociale di tali pazienti che appartengono a categorie fragili sia da un punto di vista economico sia di istruzione. Questo favorisce una discriminazione sull’accessibilità e sull’appropriatezza e qualità delle cure offerte alle persone affette da questa malattia", ricorda.
"Per contrastare questa forma di stigma, diffusa e socialmente accettata - sottolinea Paolini - è importante sensibilizzare in primis gli operatori sanitari per ridurre gli atteggiamenti negativi verso l’obesità e chi ne è affetto. I professionisti della salute devono istaurare una relazione empatica e libera da pregiudizi nella relazione con la persona affetta da obesità che deve essere accolta e trattata con la dignità ed il rispetto che si ha per tutte le altre patologie".
Non basta, quindi, "la body positivity nella moda o sui social a cambiare questa percezione, ma bisogna piuttosto investire nella diffusione di informazioni correte e consigli basate sulla scienza, sospendere il giudizio morale di fronte alla grassezza e considerare la questione come un argomento di pubblico interesse, piuttosto che responsabilizzare solo l'individuo in sovrappeso".
È importante, infine, "riconoscere le numerose cause ambientali che non sono sotto il controllo dei pazienti e permettere loro di accedere a cure mediche specialistiche, che non consistano in indicazioni vaghe ed aspecifiche sul migliorare la propria alimentazione ed aumentare l’attività fisica ma in vere terapie multidisciplinari", conclude la presidente Adi.