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Afghanistan, Minuto Rizzo (Nato): "Gli accordi di Doha l'inizio della fine"

26 agosto 2021 | 13.53
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Parla l'ex numero due: "C'è stata una speranza eccessiva di una soluzione militare e si è investito troppo poco nelle strutture afghane. Gli accordi di Doha l'inizio della fine"

(Fotogramma)
(Fotogramma)

In Afghanistan gli errori commessi sono sotto gli occhi di tutti, ma bisogna stare attenti a non confondere gli Stati Uniti con la Nato, bisogna distinguere tra i protagonisti, mentre il segretario generale dell'Alleanza Jens Stolteberg sbaglia ad "associare in tutto e per tutto quello che hanno fatto gli americani con quello che hanno fatto gli alleati". E' l'analisi della "disastrosa sconfitta" fatta dall'ex vice segretario generale della Nato Alessandro Minuto Rizzo, oggi presidente della Nato defense college foundation, numero due dell'Alleanza dal 2001 al 2003, gli anni in cui gli Stati Uniti invasero l'Afghanistan e la Nato lanciò la sua missione 'Enduring freedom'. Ma non è stato tutto vano, non foss'altro perché in questi 20 anni si è formato un embrione di società civile, con cui i nuovi Talebani dovranno fare i conti.

Il primo degli sbagli, dice l'ambasciatore in un'intervista all'Adnkronos, autore di 'La strada per Kabul', è che "c'è stata un'eccessiva speranza di trovare una soluzione militare, almeno da parte americana si pensava che i talebani si potessero sconfiggere e quello è stato un errore, visto quello che è successo in Vietnam o in Algeria. Possono esserci successi temporanei, ma non una vittoria definitiva".

Il secondo errore, a detta di Minuto Rizzo, è che "si è investito troppo poco nelle strutture afghane, si è pensato che una volta creato un governo, ci sarebbero stati un parlamento, delle elezioni, che il Paese si sarebbe ordinato da solo. Ma l'Afghanistan è un Paese molto particolare, non ha sbocchi sul mare, è difficile accesso, con una storia sostanzialmente tribale, a Kabul c'era un re che regnava, ma nelle province ognuno faceva quello che voleva, c'è una maggioranza pashtun e ci sono tante minoranze, i tagiki, gli uzbeki, gli hazara...costruire un governo nazionale è una cosa complessa che richiede molto tempo e noi in Occidente non siamo più abituati".

Ma tutto l'Occidente ha sbagliato o c'è chi ha sbagliato di più? "Non metterei Stati Uniti ed alleati sullo stesso piano: bisogna stare molto attenti alla comunicazione, bisogna distinguere tra i protagonisti. Gli americani sono arrivati in Afghanistan nell'ottobre del 2001 dopo gli attacchi alle Torri gemelle, perché volevano inseguire Osama bin Laden e volevano che i Talebani espellessero dal Paese il leader di Al Qaeda. La Nato di cui tanto si parla in questi giorni è arrivata due anni dopo e io stesso - ricorda - ho presieduto il Consiglio nordatlantico a Kabul l'11 agosto del 2003".

Ancora, nella ricostruzione delle date, bisogna tenere presente che l'Alleanza è rimasta in Afghanistan con la missione di combattimento 'Enduring Freedom' fino al 31 dicembre del 2014. "Poi è andata via come forza combattente, sostituita dalla missione di addestramento 'Trained and equipped' rivolta esplicitamente alla formazione delle Forze armate afghane", dice l'ambasciatore, che contesta Stoltenberg, "quando associa in tutto e per tutto la missione della Nato a quella degli Stati Uniti: dell'Alleanza si può pensare tutto il male del mondo, ma la Nato c'entra fino a un certo punto, perché in Afghanistan non ha mai avuto una funzione politica, solo di cornice di sicurezza. Le decisioni da prendere sulle elezioni o sui colloqui tra le parti erano di competenza degli americani".

Certo, ammette Minuto Rizzo, "gli europei avrebbero potuto fare di più: abbiamo appoggiato gli americani nell'intervento fatto in nome della guerra al terrorismo e abbiamo pensato che l'Afghanistan si sarebbe messo a posto da solo, lasciando sempre agli americani la direzione politica, senza che venisse mai fatto un quadro preciso della situazione".

Sorpreso per la rapidità dell'avanzata dei Talebani? "Non me l'aspettavo - riconosce l'ex numero due dell'Alleanza - Credo che bisognerebbe aver avuto una sensibilità locale molto più forte di chiunque di noi possa avere avuto". Per l'ambasciatore, "l'inizio della fine sono stati gli accordi di Doha, quando gli americani hanno detto che se ne sarebbero andati e Donald Trump aveva ridotto la presenza militare a 2.500 uomini".

L'impressione è che nessuno si rendesse veramente conto di cosa è l'Afghanistan, nessuno ha mai scritto in un documento ufficiale che l'Afghanistan diventasse come la Svizzera, ma l'idea complessiva era che alla fine le cose sarebbero andate bene". E anche sulla formazione dell'esercito afghano - senza che ci fosse uniformità, visto che ogni Paese lo ha fatto secondo il proprio modello - l'errore commesso è stato quello di credere che i militari avrebbero "obbedito alla bandiera, quando invece loro obbediscono prima ai clan, alla famiglia...".

I Talebani sono come erano 20 anni fa? "Troppo facile dire che sono gli stessi - è il ragionamento dell'ambasciatore - Magari sono diventati un po' più civili e poi è cambiata la società locale. I paesi che li sostengono potrebbero cercare di cambiarli". Infine la lezione da trarre dalla debacle: "Anche dopo il Vietnam si diceva che gli americani avrebbero imparato la lezione, dubito molto della saggezza degli esseri umani - chiosa Minuto Rizzo - Comunque quello che bisognerebbe sapere è che se si va in un Paese si deve restare a lungo, perché non lo si costruisce in 5 minuti".

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