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Afghanistan, studio Icsa: tra scenari aumento flusso migranti e rischio terrorismo

25 settembre 2021 | 15.16
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Il confronto tra Is-Khorasan e talebani nel report "Afghanistan, Stato Islamico e sicurezza internazionale"

Afghanistan, studio Icsa: tra scenari aumento flusso migranti e rischio terrorismo

Un "crescente flusso di migranti che si dirigono verso l’Europa con tutti i problemi sanitari, sociali e di sicurezza collegati" e "la possibilità che il Paese torni a essere un terreno fertile per organizzazioni terroristiche a carattere globale come lo fu al-Qaeda". E' il preoccupante scenario delineato nel report 'Afghanistan, Stato Islamico e sicurezza internazionale' realizzato dalla Fondazione Icsa (Intelligence Culture and Strategic Analysis).

"Nelle ultime settimane -si legge nel dossier, visionato dall'Adnkronos- è tornato drammaticamente centrale l’Afghanistan, un Paese che per 20 anni è stato sotto l’ala protettrice degli Stati Uniti e della Nato, ma che con il ritiro di questi ultimi si è trovato fragile e indifeso (sia dal punto di vista politico-istituzionale e militari, sia economico e sociale) di fronte al ritorno dei Talebani che nel giro di poche settimane dall’annunciato ritiro delle forze statunitensi e della coalizione hanno in pratica riconquistato l’intero Paese. Tale situazione ha chiaramente riacceso diverse riflessioni sul ruolo dell’Afghanistan nel quadro della sicurezza internazionale e del terrorismo".

Una situazione che "apre a scenari preoccupanti su vari fronti. Un primo scenario potrebbe essere quello di un crescente flusso di migranti che si dirigono verso l’Europa con tutti i problemi sanitari, sociali e di sicurezza collegati a questo evento. Un secondo scenario riguarda la possibilità che il Paese torni a essere un terreno fertile per organizzazioni terroristiche a carattere globale come lo fu al-Qaeda. Da questo punto di vista la situazione afghana si presenta particolarmente variegata perché sul terreno operano vari gruppi spesso anche in conflitto tra loro".

La Fondazione Icsa ha elaborato un lavoro di ricerca (autore Filippo G. Tiburtini, analista della Fondazione) che, attraverso un’attenta analisi di dati da varie fonti accompagnata dalla ricostruzione del quadro afghano in cui si inserisce, offre uno spaccato approfondito di quelle che sono oggi le capacità operative di Is-Kp, il gruppo dello Stato Islamico in Afghanistan. "Quello che forse al momento preoccupa maggiormente è lo Stato Islamico della provincia del Khorasan, Is-Kp, e questo per due ragioni principali. In primo luogo -rileva la Fondazione Icsa- uno degli elementi distintivi dello Stato Islamico è sempre stato quello di avere una vocazione globale, pur radicandosi territorialmente in varie aree, sfidando l’ordine e gli equilibri del sistema internazionale. In seconda battuta, pur essendo vero che lo Stato Islamico come lo abbiamo conosciuto nel 2014-2015 in Iraq, Siria, Libia è oggi stato sconfitto, è altrettanto vero che gli attori, la rete logistica e l’ideologia sottostante sono ancora presenti in quei territori e non solo".

Non a caso, negli scorsi mesi "non sono stati rari gli attacchi condotti da cellule appartenenti a Is in Iraq e operazioni di contrasto continuano a registrarsi in Sinai e Libia. Senza poi dimenticare le capacità operative sviluppare in Africa e in particolare nel Sahel dove il gruppo può operare con una certa libertà sfruttando la vastità di quei territori. IS quindi è stato indubbiamente sconfitto militarmente nelle sue roccaforti storiche in Medio Oriente, Mosul e Raqqa, perdendo di conseguenza il territorio che controllava, ma non è stato politicamente eliminato perché resta una minaccia costante in quelle aree e altrove".

Chi tra i talebani e Is Khorasan avrà da ora in avanti maggiore forza attrattiva verso i foreign fighters? "I Talebani sono i vincitori morali dell’insorgenza contro la coalizione internazionale e dunque hanno un appeal naturale verso i combattenti stranieri, ma Is-Kp è più welcoming nei loro confronti, perché, in quanto attore al momento soccombente rispetto ai Talebani, ha bisogno di rimpolpare le proprie fila e spingere sul reclutamento. Gli attentati di Is-Kp sul suolo afghano, a maggior ragione quelli eclatanti come l’attacco all’aeroporto di Kabul, hanno proprio lo scopo propagandistico di porsi come forza di attrazione nei confronti di nuove, potenziali reclute".

“È ancora difficile determinare -osserva il Prefetto Carlo De Stefano, vicepresidente della Fondazione Icsa- chi prevarrà, in termini di capacità attrattiva, tra i talebani e Is-Kp. La realtà è che ormai da decenni l’Afghanistan è un magnete per i foreign terrorist fighters, ultimamente provenienti anche da Cina, Siria e Iraq”. “Nel breve periodo – afferma Filippo G. Tiburtini, analista Icsa - si può ipotizzare che l’Is-Kp cercherà di aumentare il suo volume di fuoco, ovvero le proprie azioni terroristiche al fine di seminare panico e caos, per dimostrare l’incapacità dei talebani afgani, ora al governo, di salvaguardare la sicurezza delle popolazioni locali e mantenere il pieno controllo del paese”.

Quale impatto ulteriore potrà avere la vittoria dei Talebani nello scenario globale? Molto probabilmente – rileva Andrea Beccaro, direttore di OisMed, l’Osservatorio Icsa per la Sicurezza nel Mediterraneo - un rafforzamento delle insorgenze terroristiche legate ad Al-Qaeda, soprattutto quelle africane (come Al Shabaab in Somalia e Jnim in Mali) che potrebbero sentirsi incoraggiate nei loro ambiziosi propositi di take over sui governi nei cosiddetti fragile states. Inoltre, sono probabili nuovi attentati terroristici dopo la vittoria dei Talebani in Afghanistan, non solo nelle conflict zones, ma anche nelle no conflict zones, soprattutto se con questo termine intendiamo paesi come la Tunisia e altre nazioni nord-Africane. Al momento i paesi europei sono tendenzialmente protetti dalle restrizioni anti-covid. In ogni caso, è bene sottolineare che online la narrazione epica della sconfitta dell’Occidente, e dell’America in particolare, per mano dei Talebani sta galvanizzando gli animi di simpatizzanti e aspiranti combattenti, sollevando una crescente preoccupazione negli ambienti dell’intelligence internazionale”.

L’analisi di Filippo G. Tiburtini costituirà parte integrante di una ricerca più ampia che OISMed pubblicherà prossimamente, diretta ad analizzare il problema della persistenza di Is e delle dinamiche che potrebbero favorirne un suo ritorno nei vari scenari globali. Uno studio specifico in ordine ai vari teatri di crisi in grado di mettere in luce quali siano le aeree più a rischio e le dinamiche che potrebbero consentire al gruppo di riguadagnare spazi sia politici sia geografici.

In una situazione così instabile e preoccupante, "appare di tutta evidenza la necessità di sviluppare una visione sistemica che rafforzi un approccio strategico globale specifico che se da un lato non può e non deve prescindere da azioni di contrasto militare, dall’altro lato non può trascurare la complessità e vastità degli aspetti socioeconomici sottesi, indubbiamente anch’essi di difficile codifica. Una sfida complessa richiederebbe l’implementazione di una particolare strategia di contrasto altrettanto complessa"."Concludendo con un tentativo di proiezione di lungo periodo -osserva Tiburtini- si potrebbe ipotizzare che, se lo Stato islamico della provincia del Khorasan sarà in grado di (ri)stabilire un certo livello di controllo territoriale, rafforzare il numero di combattenti e aumentare le fonti di finanziamento, molto probabilmente sarà pronto ad assurgere al ruolo di protagonista nello scenario del terrorismo jihadista, divenendo una fattiva minaccia a livello nazionale, regionale ed internazionale".

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