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Afghanistan: armatura contro molestie, insulti e minacce morte all'artista

12 marzo 2015 | 18.28
LETTURA: 3 minuti

Una protezione e un rimprovero, una sfida verso una società maschilista che vuole le donne coperte e prive di forme. E' questo lo spirito che ha portato Kubra Khademi, 27 anni, a indossare un'armatura che mette in evidenza seno, pancia e inguine e a camminare per le strade della capitale, sfidando gli sguardi inquisitori degli uomini. Ma la performance è durata meno di dieci minuti, prima che iniziassero a lanciarle sassi e a offenderla.

L'artista Kubra Khademi mostra l'armatura anti-molestie - (Foto Afp)
L'artista Kubra Khademi mostra l'armatura anti-molestie - (Foto Afp)

Una protezione e allo stesso tempo un rimprovero, una sfida verso una società maschilista che vuole le donne coperte e prive di forme. E' questo lo spirito che ha portato l'artista Kubra Khademi, 27 anni, a indossare un'armatura che mette in evidenza seno, pancia e inguine e a camminare per le strade della capitale del suo Paese, l'Afghanistan, sfidando gli sguardi inquisitori degli uomini. Una sfida a una società conservatrice che è anche una provocazione che ha dell'inimmaginabile in una città dove la pornografia può essere consumata in privato, ma l'aspetto delle donne viene ferocemente sorvegliato in pubblico.

La performance di Khademi per Kabul è durata non più di dieci minuti, durante i quali è stata insultata e colpita con sassi, ma le immagini che la ritraggono sono rimbalzate sui social media, scatenando la rabbia dei conservatori e minacce di morte. ''Un'attivista femminista che verrà presto uccisa'', è il messaggio che ha accompagnato una delle sue foto condivise in Rete. Un pericolo reale in un Paese dove le donne vengono uccise per aver scelto di essere attrici, cantanti o presentatrici di programmi in tv. Ma lei dice: ''rifarei tutto''.

''E' stata una performance. Io non sono un'attivista, sono un'artista - dice lei, sottolineando che il suo non è un impegno politico diretto - Nel mio lavoro mi occupo di ciò che mi interessa nella vita, della mia esperienza personale. Ma non uso parole, uso il mio corpo e il mio spazio''. In passato, le sue performance avevano raccontato della sua vita da rifugiata, passando dall'Iran, dov'è nata da genitori rifugiati, al Pakistan dove ha vinto una borsa di studio in belle arti.

A Lahore la sua casa si è trasformata in un ambiente per la lettura, dove ascoltare musica tra opere d'arte realizzate da lei fino a quando, un giorno, la polizia ne ha imposto la chiusura al pubblico. Un'altra volta, sempre per una performance, si è chiusa dentro a una valigia per diverse ore. Una volta laureata, è tornata a Kabul nonostante i genitori fossero contrari. ''Dovevo tornare. Io appartengo a questo luogo, devo vivere tra la mia gente. Penso che la mia arte ne abbia bisogno'', ha spiegato.

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