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Scienza: studio, agli italiani piace, doveroso per l'80% ascoltarla di più

09 ottobre 2019 | 14.16
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Scienza: studio, agli italiani piace,  doveroso per l'80% ascoltarla di più

"Si dovrebbero ascoltare maggiormente gli scienziati prima di prendere decisioni sul futuro degli Stati e del Pianeta". Con questa affermazione concorda oltre l'80% degli intervistati nell’ambito della ricerca sociale 'Gli italiani, la scienza e la magia', che Yakult Italia ha commissionato ad AstraRicerche in collaborazione con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano. "Un dato che stupisce - spiega Cosimo Finzi, Direttore di AstraRicerche - e che è in netta contrapposizione con la visione generalmente negativa dei 'tecnici' a servizio della politica". E se la fiducia per gli scienziati sembra fuori dubbio, l’interesse per la scienza non è da meno: dei 1.010 intervistati - un campione rappresentativo di 18-65enni residenti in Italia - ben 5 su 6 si dichiarano infatti incuriositi dalla materia, il 74% segue documentari o programmi di divulgazione scientifica, e oltre il 51% cerca di tenersi aggiornato attraverso riviste cartacee o online a carattere scientifico. (Video)

Una curiosità verso la scienza che tende ad aumentare con lo status socio-economico (molto interessato il 52% di chi se ne attribuisce uno elevato, contro il 42% e il 39% di chi dichiara di averlo medio e basso) e con la conoscenza scientifica, in un circolo virtuoso in cui più si sa più si desidera nuova conoscenza. "Innescare il desiderio e la curiosità verso il sapere è la vera chiave - sottolinea Giovanni Crupi, Direttore Sviluppo del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano - che va affiancata da un’adeguata formazione al pensiero critico e al metodo scientifico. Questa la missione che ci guida, in un orizzonte più ampio in cui l’educazione alla scienza diventa strumento di utilità sociale". Un interesse quindi diffuso, quello degli italiani per la scienza, ma non sempre ripagato con sufficiente chiarezza dei contenuti: gli intervistati sono risultati infatti pressoché equidistribuiti tra chi trova troppo difficili le informazioni ricevute (38%), chi le trova comprensibili con qualche difficoltà (31%) e chi le considera del tutto chiare (31%).

"C’è più interesse che comprensione - continua Finzi - e questo dato dovrebbe essere uno stimolo per la Comunità Scientifica. Perché, se da un lato conferma ampio spazio per la divulgazione scientifica, dall’altro induce a riflettere sul disorientamento del pubblico davanti a contrapposizioni, spesso inconciliabili, tra istituzioni ed esperti nel settore". Da un punto di vista geografico, a dichiarare maggiormente di saper comprendere con facilità le informazioni scientifiche sono gli abitanti del Triveneto e dell’area costituita da Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Umbria e Marche. Inatteso e allarmante è invece lo spaccato anagrafico, che evidenzia la fascia giovanile tra i 25-34enni, come quella maggiormente in difficoltà. Il rapporto tra giovani e scienza rivela infatti, lungo tutta la ricerca, tratti a prima vista controintuitivi: sono i meno curiosi verso la materia (la percentuale degli under 34 con un interesse limitato è una volta e mezza quella degli over 55) e, in aggiunta, quelli che meno le attribuiscono un ruolo nel progresso sociale.

I 18-24enni, ad esempio, concordano molto meno della media con l’idea che la scienza stia facendo grandi progressi soprattutto in campo medico (69% vs 79% del totale campione) o che molte scoperte scientifiche siano alla base delle nuove tecnologie (72% vs 83%). "Piuttosto che nella minore maturità anagrafica, le ragioni possono essere ricercate nel diverso vissuto delle giovani generazioni rispetto a quelle più adulte - aggiunge Finzi - Per i Millennial e la Generazione Z, è infatti probabile che l'essere nati in un mondo già digitale e iper-connesso stia rendendo 'scontato' l'avanzamento scientifico e tecnologico: lo stupore e l'interesse generati dall'arrivo sul mercato della lavastoviglie, del personal computer, del primo cellulare non sono replicati presso i più giovani dall'arrivo degli ultimi device che, tuttavia, devono il loro sviluppo a recenti avanzamenti in campo scientifico". Una generazione, quindi, che è meno in grado di attribuire il reale contributo della scienza alle applicazioni tecnologiche di uso comune.

In un quadro anagrafico più generale, un interessante quesito è pertanto: cos’è 'scienza' per gli italiani? Un suggerimento è offerto dalla classifica degli scienziati considerati più importanti per la storia dell’umanità: emergono infatti maggiormente i rappresentanti di discipline che parlano di equazioni e di forze, come la fisica o l’astronomia, a discapito di figure legate alle cosiddette scienze della vita, risultate meno iconiche. Sul podio degli scienziati-simbolo troviamo infatti un atteso Einstein, indicato spontaneamente da quasi un intervistato su due, e Galileo (circa 10%), preceduto, per soli pochi decimi, dal genio italico Leonardo da Vinci, nonostante quest’anno sia al centro di innumerevoli eventi celebrativi per i 500 anni dalla sua morte. Il nome di Darwin, per contro, è stato citato solo dal 3% degli intervistati (5° posto), mentre bisogna aspettare addirittura il 13° posto, con poco più dell’1% di citazioni, per la figura di Pasteur, che pur ha portato vantaggi estremamente tangibili e di enorme impatto nella quotidianità delle persone, dal campo sanitario (vaccini) a quello alimentare (pasteurizzazione).

E proprio la nutrizione sembra essere tra le discipline che soffrono di credibilità più limitata: solo il 53% degli intervistati dichiara infatti di ritenere vere le notizie scientifiche in quest’area, contro il 73% di cui gode il settore medico. "Quello della nutrizione è uno degli ambiti in cui le fake news si diffondono con maggior velocità e frequenza - osserva Arianna Rolandi, Direttore Scientifico e Relazioni Esterne di Yakult Italia - di fatto mettendo a dura prova la credibilità del settore. Per questo sosteniamo da anni iniziative educazionali, rivolte sia alla cittadinanza sia ai professionisti della comunicazione, in stretta collaborazione con le Istituzioni Scientifiche più accreditate, tra cui spicca il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano". A completare la ricerca, è stato infine indagato il rapporto degli italiani con la magia, generalmente ritenuta inconciliabile con lo spirito scientifico.

AstraRicerche ha creato a questo scopo un 'indice di magia personale' che combina l’attitudine degli intervistati verso una serie di componenti del pensiero magico come gesti scaramantici, superstizioni o la possibilità di prevedere il futuro. I dati rivelano un legame complessivamente debole: l’indice di magia è risultato infatti nullo per il 61% degli intervistati, medio per il 16% ed elevato solo per il 5% del campione. Le superstizioni e i riti scaramantici più praticati in Italia sono quelli classici: il 12% possiede un amuleto, il 10% non dice “auguri” a chi deve sostenere una prova, il 9% non passa mai sotto una scala, mentre il 6% non prende rischi di venerdì 13 o 17. Sembra quindi che gli italiani riservino alla magia un ruolo di leggerezza, con cui colmare la distanza tra loro stessi e l’incognito: il 22% degli intervistati reputa infatti che “credere nella magia è solo la paura di eventi che non si riescono a controllare”, e circa il 15% ritiene che “tutti quanti, prima o poi, in momenti di stupore negativo o di meraviglia pensano che ci sia di mezzo la magia”.

A sorpresa, inoltre, la quota di persone con 'indice di magia' elevato non diminuisce tra chi ha conoscenze scientifiche maggiori: "Il pensiero magico sembra non essere vissuto in termini di antitesi verso quello scientifico. Un risultato che può stupire - evidenzia Cosimo Finzi - e che suggerisce una visione su cui noti antropologi si sono già confrontati: scienza e magia come modalità diverse per interpretare la realtà, entrambe alla ricerca di cause e di effetti, entrambe governate da leggi, entrambe mosse da un unico innesco, la curiosità". Lo sguardo divertito verso la magia non sembra dunque ostacolare la relazione tra gli italiani e ciò che la scienza può oggi offrire. Le conclusioni della ricerca suggeriscono quindi, nell’insieme, che "L’Italia di oggi, sebbene nel contesto di incertezza che quotidianamente affrontiamo, può essere pronta per una nuova fase che includa il pensiero scientifico tra i suoi valori fondanti. A patto però - precisa il ricercatore - che le conoscenze scientifiche siano maggiormente condivise e maneggiate responsabilmente. Con un occhio di riguardo alle generazioni più giovani".

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