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Aids, al via in Italia test vaccino su bimbi

30 novembre 2018 | 12.30
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Foto di repertorio (Fotogramma)
Foto di repertorio (Fotogramma)

Una buona notizia alla vigilia della Giornata mondiale contro l'Aids. Partirà nel 2019, in 3 diversi continenti, la seconda sperimentazione del primo vaccino terapeutico pediatrico contro l'Hiv, sviluppato dall'ospedale Bambino Gesù di Roma in collaborazione con il Karolinska Institutet di Stoccolma. L'ospedale della Santa Sede, infatti, è capofila del progetto internazionale di ricerca Epiical e ha ottenuto un finanziamento dai National Institutes of Health americano che consentirà di testare il vaccino terapeutico su un'ampia coorte di bambini, in 3 Paesi: Italia, Thailandia e Sud Africa. Oggi si contano ancora ogni anno nel mondo circa 180.000 nuove infezioni pediatriche, per un totale di circa 1.800.000 bambini con Hiv (dati Unaids). La vaccinazione terapeutica, ricordano gli esperti, rappresenta una strategia di cura mirata a 'educare' il sistema immunitario di una persona con Hiv per aiutarlo a reagire contro il virus che lo ha infettato. I vaccini terapeutici si distinguono da quelli profilattici in quanto i primi servono a curare persone già infette, mentre i secondi hanno una funzione preventiva (si prendono da sani per evitare i contagi). Non esiste purtroppo al momento un vaccino profilattico contro l'Hiv.

La nuova sperimentazione segue quella effettuata la prima volta nel 2013 dall’Unità operativa di infettivologia del Bambino Gesù, all’interno del Dipartimento pediatrico universitario ospedaliero diretto da Paolo Rossi, in collaborazione con la cattedra di Pediatria dell'Università di Roma Tor Vergata. La prima sperimentazione aveva riguardato 20 bambini nati infetti per via materna (contagio verticale), un tipo di trasmissione della malattia che interessa il 95% dei nuovi casi pediatrici ogni anno.

Ma come funziona? Nel bambino viene somministrato il Dna di una specifica proteina del virus dell'Hiv. Queste informazioni genetiche introdotte nelle cellule del paziente stimolano la risposta immunologica dell'organismo. La cellula umana che riceve il Dna dell'Hiv inizia a sintetizzarla, migliorando la risposta immunitaria verso il virus. La somministrazione del vaccino, abbinata alla terapia antiretrovirale classica, "aveva ottenuto risultati positivi determinando il significativo aumento di risposte immunologiche potenzialmente in grado di consentire il controllo della replicazione del virus", ricordano dal Bambino Gesù. L'avvio della nuova fase della sperimentazione sarà ora possibile grazie al lavoro di Epiical, il consorzio nato nel 2015 che coinvolge 27 partner accademici, i "più prestigiosi al mondo nel campo della ricerca su Hiv pediatrico", si legge in una nota. Il consorzio, coordinato dal Bambino Gesù, ha lo scopo di mettere a sistema la ricerca di nuove immunoterapie che permettano un controllo della malattia (remissione virologica) senza utilizzare i farmaci antiretrovirali attualmente disponibili. "La nostra sfida - spiega Paolo Palma, immunoinfettivologo del Bambino Gesù - è quella di riuscire a ottenere, grazie al vaccino terapeutico, un controllo della malattia tale da ridurre al minimo nei bambini il ricorso alle terapie antiretrovirali, che sono certamente molto efficaci ma gravate di tossicità nel lungo termine. Un bambino che nasce con Hiv, infatti, inizierà le cure già nel primo anno e dovrà proseguirle per tutta la vita senza interruzioni".

"Il successo di questo vaccino - aggiunge - potrebbe ridurre il rischio dei fallimenti terapeutici legati alla ridotta aderenza nel tempo alle cure antiretrovirali e diminuire sensibilmente i costi per i sistemi sanitari nazionali, che spesso costituiscono un impedimento all'accesso alle terapie, specie nei Paesi più poveri". L’arruolamento dei primi pazienti per la seconda sperimentazione è previsto dal prossimo anno e coinvolgerà inizialmente i bambini seguiti in Italia dall’ospedale della Santa Sede e successivamente i piccoli con Hiv in Sudafrica e Thailandia, due tra i Paesi con la più alta percentuale di bambini nati infetti per via materna. "Siamo fiduciosi - aggiunge Palma - che dalla ricerca pediatrica arriveranno nuove riposte terapeutiche alle esigenze dei pazienti di tutte le fasce di età".

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