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Siria: attivista racconta vita a Raqqa, è come vivere in una grande prigione

24 febbraio 2015 | 09.08
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La città, un tempo considerata la più liberale della Siria, è stata proclamata 'capitale' del sedicente califfato ed è piombata nell'oscurantismo

Siria: attivista racconta vita a Raqqa, è come vivere in una grande prigione

"Una grande prigione". Questo è diventata oggi Raqqa, la città un tempo considerata la più liberale della Siria proclamata 'capitale' del sedicente califfato. A raccontare la situazione nella città della Siria settentrionale è l'attivista Abu Ibrahim al-Raqqawi, un nome di fantasia dietro cui si nasconde un ex studente di medicina che ha fondato un gruppo chiamato 'Raqqa viene sgozzata in silenzio'. Al-Raqqawi non ha paura di denunciare i crimini dello Stato islamico (Is) che hanno fatto piombare la città in una sorta di oscurantismo medievale.

"Ho perso la mia vita, non ho un futuro, non ho niente. E' una situazione che mi obbliga a fare questo, ma non voglio essere famoso. E' solo per la mia città, per la mia famiglia e per i civili innocenti", afferma al-Raqqawi spiegando la sua 'missione' in un'intervista alla Cnn. "Stiamo provando a fare del nostro meglio. Stiamo provando a salvare la nostra città", chiarisce.

A Raqqa vige la sharia secondo l'interpretazione data dai jihadisti. Le esecuzioni in pubblico sono all'ordine del giorno - sottolinea l'attivista - se ne contano almeno 40 negli ultimi due mesi. I responsabili di omicidio vengono condannati a morte. Stessa sorte è riservata ai sospettati di combattere l'organizzazione e ai gay. Alcuni vengono crocifissi e i loro cadaveri esposti nei luoghi più in vista della città.

Negli ultimi mesi su Raqqa si sono concentrati i raid della Coalizione internazionale guidata dagli Usa. Secondo l'attivista, negli attacchi aerei molti miliziani dell'Is sono rimasti feriti. Per questo motivo, i leader del movimento jihadista costringono gli abitanti a recarsi in ospedale per donare sangue e permettere le trasfusioni.

Per le donne la situazione è insostenibile. Per loro la città è "come una grande prigione", dichiara l'attivista, spiegando che non possono lasciare la città se hanno meno di 45 anni. Al-Raqqawi ha documentato oltre 270 casi di ragazze costrette a sposare sostenitori del califfato. "I combattenti dell'Is sono malati di sesso - afferma - Alcuni di loro hanno due o tre mogli, eppure vogliono prendere altre schiave tra le ragazze yazide".

Ma Raqqa è diventata anche un punto di raccolta per i 'foreign fighters', ovvero cittadini con passaporti occidentali che ingrossano le fila delle milizie dell'Is in Siria e in Iraq. "C'è come un grande muro tra i civili e i combattenti stranieri. Vivono due vite diverse nella stessa città - sostiene l'attivista - Per alcuni di loro (dei combattenti, ndr) è come un paradiso perché gli danno molti soldi e auto e case da sogno".

Per molti altri, invece, la situazione è più difficile. Negli ultimi tempi, in particolare, si rincorrono voci di miliziani stranieri uccisi per aver provato a fuggire dalla città. "L'Is prende i loro passaporti e se qualcuno prova a defezionare lo uccide immediatamente - conclude - Il problema non è come entrare a Raqqa. Il problema è come uscire".

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