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Al Ref il circo immaginario di James Thierrée, il nipotino di Chaplin

21 settembre 2022 | 16.25
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Torna al Romaeuropa Festival, dopo aver incantato il pubblico con il suo Raoul nel 2019, l’istrionico e imprevedibile James Thierrée, uno dei nipotini di Charlie Chaplin, un’icona della creazione contemporanea con 'Room', da stasera fino al 25 settembre al Teatro Argentina per il ReF. James Thierrée ha debuttato sulle scene, a soli quattro anni, con Le Cirque Bonjour, diretto dai genitori Victoria Chaplin e Jean Baptiste Thierrée, per proseguire la sua attività con il celebre Cirque Imaginaire con cui ha girato tutto il mondo fino a fondare nel 1998 la sua Compagnie du Hanneton che porta il soprannome della sua infanzia.

"Dopo vent’anni di creazioni voglio dare inizio ad un nuovo capitolo. Aprire la cassetta degli attrezzi, scavare in profondità, intensificare e ingrandire, per trovare pulsazioni gioiose", ha affermato l’artista parlando della sua ultima produzione. Ed effettivamente questo nuovo capitolo si apre nel segno della musica, delle canzoni che lo stesso Thierrée, ha scritto e composto per lo spettacolo. In scena una squadra di undici musicisti e danzatori, artisti versatili ed eccezionali, riuniti sul palcoscenico per spingere a un ritmo febbrile la connessione tra i loro strumenti e il corpo.

"La musica ha sempre fatto parte del mio lavoro ma in tutti i miei spettacoli precedenti era registrata - ha spiegato il grande artista James Thierrée- Volevo realizzare un progetto in cui fosse al centro dello spettacolo. Room è una camera di vibrazioni, di armonia, dove ogni strumento musicale diventa centrale esattamente come lo strumento del corpo. Desideravo introdurre anche la parola, confrontarmi con il suo mondo. E la canzone era il formato ideale per farlo. Permette di restare misteriosi, di svincolarsi dal senso, di restare nella poesia".

"In Room ci sono canzoni che parlano di temi come il cuore, la voglia di sfida, di scalare le montagne, di cercare i sensi differenti della vita ma senza diventare mai il soggetto dello spettacolo - ha proseguito - Come le domande che un bambino si pone dinanzi all’esistenza". Nella stanza immaginata da Thierrée c’è un’orchestra da camera che si perde nella sua musica, ci sono pareti che cantano, porte e vie di fuga verso l’illusione, ci sono tunnel magici, sogni e incubi che li attraversano. Una fantasia brulicante, elegante, maestosa con la quale l’artista sembra scandagliare e reinventare tutto il vocabolario delle sue creazioni per tesserlo all’interno di una nuova struttura drammaturgica che si schiude e richiude su sé stessa ma solo per raggiungere le spettatrici e gli spettatori con la semplicità di una festa folle, adrenalinica come un volo nel cielo del teatro ma anche malinconica e romantica come solo un sogno può essere.

"Ho voluto realizzare uno spettacolo libero, caotico, che affermasse la possibilità del teatro di creare il caos soprattutto dopo il periodo che abbiamo attraversato - ha spiegato ancora - Secco, senza ossigeno. È molto importante affermare che il teatro sia anche energia, un punto interrogativo. Volevo realizzare, quindi, un progetto che fosse sempre in movimento. Penso che Room possa essere visto come una sorta di continuazione di Raoul. Quest’ultimo era un personaggio solo in un paesaggio molto aggressivo. Cercava di proteggersi, di restare nella sua torre fino a quando non imparava a restare nudo nelle avversità".

"Room ha ancora quest’idea di un luogo che serve a proteggersi - ha proseguito- C’è ancora un’idea di libertà, della possibilità di imparare attraverso le diverse forme che assumono gli avvenimenti della vita. È uno spettacolo pazzo, folle, un po’ fragile, un po’ senza paura".

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