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Al via sgombero Cara Mineo

07 febbraio 2019 | 10.46
LETTURA: 7 minuti

(AdnKronos)
(AdnKronos)

di Rossana Lo Castro

Nessuna "deportazione", ma trasferimenti programmati. Francesco Magnano, direttore del Cara di Mineo, sgombera subito il campo da ogni equivoco. "Le uscite avvengono in maniera controllata e tutti gli ospiti sono avvisati con ampio anticipo in modo da prepararsi per tempo" dice all'AdnKronos. I primi 50, tutti uomini, hanno lasciato la struttura a bordo di un pullman. "Andranno in centri più piccoli a Siracusa, a Ragusa e a Trapani - spiega -. E' nella natura delle cose. Non c'è nessuna novità. Da dieci anni mi occupo di immigrazione e da sempre gli ospiti sono stati presi da un centro di accoglienza e per questioni logistiche e organizzative portati in altre strutture. Il Cara è un centro di accoglienza per richiedenti asilo, non un posto dove trascorrere tutta la propria esistenza umana".

Nella struttura, che il capo del Viminale ha annunciato di voler chiudere entro l'anno, ci sono attualmente circa 1.250 ospiti, tra cui 130 donne e circa 85 minori. Altri 50 lasceranno il centro il prossimo 17 febbraio e altrettanti il 27. Scendendo sotto soglia 1.200, quella che, in base a una clausola di salvaguardia, consente a gestori e Governo di poter rescindere il contratto senza pagare penali. "Con questi ritmi lo svuotamento arriverà prima della fine dell'anno" dice Magnano. Anche perché non tutti i migranti aspettano di essere trasferiti. Alcuni se ne vanno autonomamente. Adesso, però, sono più preoccupati. "Vedono la tv, sentono le notizie, sono molto informati - dice il direttore -. Conoscono Salvini e il progetto del ministero, sanno che dentro il Cara nei prossimi mesi si assottiglierà la popolazione e sono pronti a questo avvenimento. Oggi avviseremo coloro i quali saranno trasferiti il prossimo 17 febbraio".

Con i migranti a dover dire addio alla struttura e, di conseguenza, a un lavoro, saranno anche i dipendenti. Circa 200 persone. "Si ritroveranno disoccupati, è naturale che tra di loro ci sia una forte preoccupazione". Altri 170 avevano ricevuto la lettera di licenziamento con la precedente gestione. Nell'ex 'residence degli Aranci', un tempo riservato ai militari americani di stanza nella base di Sigonella e ai loro familiari, la nuova gestione è arrivata a ottobre. "Oggi assistiamo a una lenta agonia, ecco perché dico che è meglio l'eutanasia: chiudere il Cara, che oggi è una fabbrica di problemi" aveva detto qualche giorno fa all'Adnkronos il sindaco di Mineo, Giuseppe Mistretta, puntando il dito sui disservizi e le criticità nella gestione.

Accuse che il direttore del Cara respinge al mittente. "Se il capitolato d'appalto non prevede certi servizi tu non sei tenuto a renderli" taglia corto, salvo poi aggiungere: "Se il ministro Salvini conoscesse i servizi resi qui diventerebbe pazzo: area sociale, psicologica, medica, legale, insegnamento della lingua, terapia occupazionale. Magari li avessero i senza tetto che vivono nelle nostre città". Insomma per Magnano negli anni il Cara di Mineo ha fornito "servizi strabilianti". Di più. Nella prima accoglienza è stato "un'eccellenza", un esempio virtuoso. "E' stato fatto un ottimo lavoro e l'Italia dovrebbe smetterla di essere un Paese schizofrenico. Dove un giorno ci si lamenta perché spendiamo troppo per i migranti e il giorno successivo perché i servizi resi non sono all'altezza di un Paese civile. Dobbiamo fare pace con noi stessi".

Negli anni, però, il Cara di Mineo è stato bollato dai più critici come un rifugio per criminali. "La solita vecchia propaganda - conclude il direttore -. Fa molto più rumore l'albero che cade che l'intera foresta che cresce. Se andiamo a vedere il numero di arrestati all'interno del Cara, che arrivato a ospitare fino a 4.500 persone, ci rendiamo conto che si tratta di argomenti risibili. A qualcuno ha fatto comodo descriverlo come un covo di criminali. La verità è che è stato un 'covo' di umanità, un luogo dove decine e decine di migliaia di persone negli anni hanno trovato un po' di pace, una spalla amica, una mano che li ha sorretti".

LA PROVOCAZIONE DEL SINDACO - "Qualcosa si è mosso, ma ancora non c'è nulla di ufficiale". Il sindaco di Mineo, Giuseppe Mistretta, non nasconde il suo pessimismo. A fine gennaio aveva preso carta e penna e scritto al ministro dell'Interno, Matteo Salvini, per chiedere un incontro. Una richiesta caduta nel vuoto. Almeno fino a oggi. "Ho sentito il capo della sua segreteria - dice all'Adnkronos -, ci siamo dati appuntamento telefonico per lunedì. Vedremo cosa succederà". Con il numero uno del Viminale il primo cittadino vuole confrontarsi sul dopo Cara. Per Mistretta oggi è solo "l'inizio di un percorso". Lui il Cara non l'ha mai voluto. "Sono sempre stato contrario, una presenza troppo ingombrante per un Comune come il nostro" sottolinea, ma adesso il timore è che, spenti i riflettori sul centro più grande d'Europa, a Mineo, appena cinquemila anime, restino solo le "macerie". "Salvini dice 'Prima gli italiani', vorrei capire se i miei concittadini sono italiani come tutti gli altri" è la provocazione del sindaco, per il quale il Cara, soprattutto con la nuova gestione avviata lo scorso ottobre, è stato una "fabbrica di problemi". "Non c'è stato un giorno in cui non mi sia dovuto fare carico di problemi legati al Cara" denuncia.

E adesso che la struttura si avvia verso lo svuotamento "non vorrei che il Comune sia lasciato da solo ad affrontare altre emergenze". Quali? "I lavoratori licenziati, le cui famiglie saranno a carico dei nostri servizi sociali, i migranti che non lasceranno il territorio e che potrebbero vivere di espedienti e una struttura che svuotata rischia di diventare ricettacolo di disperati e illegalità". Insomma per Mistretta lo svuotamento del Cara "va governato nella sua interezza" perché a pagare non sia ancora una volta "un territorio che si è visto imposto il Cara e che da questa presenza ha subito danni enormi, diventando una vittima anche del malaffare e dell'illegalità".

Al ministro Salvini, il sindaco vuole chiedere se manterrà gli impegni previsti dal Patto per la Sicurezza, siglato nel 2011 dall'allora ministro leghista Maroni con "una serie di misure compensative", ma rimasto "carta straccia". "Tra le altre cose prevedeva che nella struttura non potessero essere accolti più di duemila migranti, ma ogni gara d’appalto, compresa l’ultima, è stata bandita per un numero superiore di ospiti". Insomma quello del sindaco è un "pessimismo che si basa sui fatti, sugli impegni disattesi da uno Stato che si è dimostrato poco corretto nei nostri confronti". L'auspicio adesso è che "prevalga il buonsenso" e che "sia data la possibilità a un territorio devastato e martoriato di ripartire. Io sono pronto anche alle barricate per farmi ascoltare e continuerò a portare avanti la mia battaglia". Pure contro i "falsi benefattori" che dopo aver fatto parte del "business che ha lucrato sui migranti adesso si riorganizzano per cavalcare il disagio".

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