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Farmaci: esperto, 4,6% spesa italiana per cure orfane, pensare a sostenibilità

08 luglio 2015 | 13.51
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Farmaci: esperto, 4,6% spesa italiana per cure orfane, pensare a sostenibilità

"L'81% dei farmaci orfani, quelli dedicati cioè alla cura di malattie rare, è rimborsato dal Servizio sanitario nazionale e, nel 2013, il 4,6% della spesa farmaceutica italiana è stata riservata queste terapie. Ora il sistema riesce a passarle, ma in futuro non sarà più così". E' il bilancio tracciato da Emilio Clementi, direttore dell'Unità operativa di Farmacologia clinica all'ospedale Sacco di Milano, oggi a Roma in occasione dell'Orphan Drug Day organizzato dall'Osservatorio malattie rare per fare il punto su progressi e ostacoli nella ricerca e nello sviluppo dei farmaci orfani.

Clementi ha ricordato che "un ciclo di cure per ogni paziente può costare anche centinaia di migliaia di euro l'anno: si pone quindi, come per altri medicinali, il problema della sostenibilità economica, soprattutto man mano che la ricerca andrà avanti". Secondo l'esperto "molto è stato fatto negli ultimi anni per favorire uno sviluppo razionale dei farmaci orfani, molto però rimane ancora da fare. Il diritto alla cura della salute delle persone affette da malattie rare non può essere messo in discussione dalla contrazione delle risorse economiche e da scelte di allocazione dei fondi guidate solo da criteri costo-efficacia che poco si adattano ai farmaci orfani".

Ormai "non solo le piccole e medie imprese, ma anche Big Pharma è entrata decisamente in questo campo. Ma accanto all'industria c'è l'università e molti farmaci sono nati dalla ricerca accademica indipendente. ‎La combinazione vincente è un'alleanza fra istituzioni, associazioni di pazienti, charities come Telethon e industria, identificando modelli differenti di sperimentazione rispetto alle classiche fasi I, II e III con un grandissimo numero di pazienti coinvolti. In questo modo, anche il legislatore potrà dare una mano in più".

"Gli italiani affetti da malattie e tumori rari sono tutt'altro che pochi: in totale due milioni, ma 'incasellati' in diverse categorie" e per questo non considerati nella loro interezza, "e che a volte necessitano di 9-10 anni per ottenere una diagnosi. E una volta che l'hanno ottenuta, spesso non è disponibile una cura". A evidenziarlo Laura Bianconi (Gal), componente della commissione Sanità del Senato. "Ora - ha ricordato la senatrice - abbiamo un Piano nazionale con 110 patologie riconosciute, ma va migliorata l'assistenza su tutto il territorio nazionale. Un esempio: non è il malato che si deve spostare per un farmaco, ma il farmaco che deve poter raggiungere il malato". Proprio per quanto riguarda il mondo dei medicinali, Bianconi ha evidenziato che "le industrie devono fare profitto, ma in questo settore hanno una caratteristica particolare: hanno spesso un rapporto personale, insieme ai medici, con questi pazienti, e questo le rende uniche‎ e da salvaguardare". "Per la persona affetta da malattia rare - ha aggiunto Pierpaolo Vargiu, presidente della commissione Affari sociali della Camera - il farmaco non è orfano, ma è semplicemente il farmaco che serve. È un tema non più pionieristico ma permangono difficoltà per chi sviluppa, commercializza e anche prescrive questi medicinali. Lo sforzo che andrà fatto è soprattutto di sensibilizzazione: è un dato di fatto che tutti gli stakeholder necessitano di un'iniezione di conoscenza".

"Fra il 2008 e il 2013 le sperimentazioni in generale sono calate del 33%". Un dato che si spiega con "l'aumento dei costi di ricerca e sviluppo e con i tempi incerti di risposta che ci sono in Italia per poter avviare gli studi". A evidenziarlo Gianni de Crescenzo, direttore medico dell'azienda farmaceutica Celgene. "Celgene - ha ricordato - è nata proprio con ricerche sui tumori rari", riabilitando una molecola che aveva fatto scandalo, "la talidomide, per curare patologie rare gravi come il mieloma multiplo. In Italia se ne registrano circa 500 nuovi casi l'anno e questo Paese è diventato il partner di eccellenza per la nostra azienda: è il Paese che contribuisce maggiormente alle ricerche pubblicate su prestigiose riviste sul tema del mieloma multiplo. In 9 anni abbiamo arruolato 1.436 pazienti in 70 studi per un totale di 100 milioni di euro investiti e 519 collaborazioni con centri sperimentali attivate". In pochi anni si è raggiunto il risultato di "aver aumentato la sopravvivenza dei pazienti con mieloma multiplo da 7 settimane fino anche a 10 anni", ricorda l'esperto. Ma preoccupa il fatto che "per attivare uno studio in Italia siano necessarie oggi 17 settimane in media, contro le 5 della Gran Bretagna o le 9 della Germania. Sarebbe sufficiente che, all'interno dei comitati etici, si prevedesse la presenza di un membro dell'amministrazione che deve prendere la decisione di attivare lo studio, e la sperimentazione potrebbe partire molto prima".

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