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Siria

Ambasciatore turco a Roma: "Delusi da governo italiano"

11 ottobre 2019 | 11.28
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Ambasciatore turco a Roma:

"I turchi non sono contro i curdi, la Turchia è contro le organizzazioni terroristiche", vuole una "Siria stabile e unita", un "futuro migliore" per il Paese vicino dove "i rifugiati" all'estero "possano tornare". Lo ha ripetuto a gran voce l'ambasciatore turco a Roma, Murat Salim Esenli, che stamani ha invitato i giornalisti a un incontro per spiegare le "ragioni" di Ankara a due giorni dall'avvio della terza operazione militare turca in Siria dal 2016. L'ambasciatore ha parlato di "percezioni errate sulla Turchia e su quello che sta cercando di fare" e ha rivendicato come il suo Paese - che ospita "4,2 milioni di rifugiati, 3,6 dei quali siriani" - abbia "combattuto più di ogni altro della Nato contro il terrorismo". "Siamo un membro responsabile della Nato - ha detto - Negli anni abbiamo dato un grande contributo all'Alleanza".

Con l' 'Operazione fonte di pace', annunciata mercoledì da Recep Tayyip Erdogan, "la Turchia sta prendendo di mira l'organizzazione terroristica Ypg/Pyd", i miliziani curdi delle Unità di protezione del popolo curdo legati al Partito dell'Unione democratica che è per Ankara il braccio siriano dell'"organizzazione terroristica" del Pkk. La Turchia vuole "ripulire un'area di 30 km di profondità e 480 km di lunghezza" lungo la frontiera con il Paese arabo. "Continueremo a prendere le misure necessarie lungo il nostro confine se ci saranno minacce per la nostra sicurezza", ha insistito Esenli, rimarcando come Ankara stia oggi "difendendo anche le frontiere della Nato e indirettamente quelle dell'Ue".

"Trattiamo allo stesso modo tutte le organizzazioni terroristiche, anche Daesh (Isis), un'organizzazione terroristica pericolosa quanto Ypg/Pyd", ha affermato l'ambasciatore, ribadendo che la Turchia "non fa distinzioni tra le organizzazioni terroristiche". E in merito al rischio di fuga dei jihadisti dell'Isis catturati nei territori in mano ai curdi l'ambasciatore si è limitato a replicare: "Se arriviamo" alle prigioni dove sono rinchiusi i jihadisti dell'Isis prima che i curdi "li lascino andare, saranno trattati come meritano, ma non ci fidiamo delle Ypg, quindi bisognerebbe chiedere agli Stati Uniti".

Il diplomatico ha insistito sui risultati portati a casa dalla Turchia nella lotta al "terrorismo", ha ricordato i "4.000 terroristi uccisi nell'operazione 'Scudo dell'Eufrate' condotta nel 2016 contro Daesh" dai militari turchi nel nord della Siria, la "liberazione di Afrin", con l'offensiva 'Ramoscello d'ulivo' scattata nel 2018 "contro Ypg/Pyd". Oggi, come nel 2016, la Turchia vuole che i "siriani possano tornare nelle loro case" ed Esenli ha ricordato il "costo umano" delle operazioni militari "chirurgiche" di Ankara.

Gli Stati Uniti hanno sostenuto le Ypg in funzione anti-Isis, con un "approccio" che Ankara ha sempre contestato, sostenendo - come ha ripetuto anche oggi l'ambasciatore - che non si possa pensare di "far fuori un'organizzazione terroristica con un'altra". Le Ypg fanno parte dell'alleanza curdo-araba delle Forze democratiche della Siria (Fds), un "eufemismo" - secondo le parole ripetute da Esenli - creato per "dare un look più accettabile alle Ypg". E le Fds, ha detto, sono un "camuffamento per un'organizzazione terroristica".

"In quanto membri della comunità internazionale - ha affermato ancora il diplomatico - abbiamo il potere di fare fuori un'organizzazione terroristica con la nostra forza non con quella di altre organizzazioni terroristiche". Ankara, ha assicurato, è "estremamente sensibile sulla questione dell'integrità territoriale della Siria" e considera "Ypg/Pyd una minaccia immediata all'integrità territoriale" del Paese arabo, insanguinato da un conflitto senza fine esploso nel 2011 sulla scia di inedite proteste contro Bashar al-Assad. "La storia è molto diversa da come viene presentata", ha sostenuto Esenli, che ha auspicato "comprensione da parte del governo italiano ai più alti livelli".

L'ambasciatore ha manifestato "shock e delusione per le dichiarazioni arrivate dal governo italiano" perché - ha detto - "non è quello che ti aspetti da un alleato Nato". Per la Turchia, "l'Italia è un Paese importante", un "partner strategico" con cui Ankara ha regolari "consultazioni", ha affermato. "Cosa farebbe l'Italia se fosse il Piemonte a essere attaccato, ad esempio dalla Francia?", si è poi interrogato Esenli.

Ankara, ha detto, ha "spiegato le ragioni dell'operazione" nel nord della Siria, le ha comunicate "formalmente alle Nazioni Unite" e se anche dopo di questo "ci sono ancora critiche per noi significa assicurare sostegno alle organizzazioni terroristiche". Secondo l'ambasciatore, oggi "purtroppo l'Ue sta salendo sul carrozzone anti-Turchia". Critiche anche per il Consiglio di Sicurezza, che ieri non è riuscito a trovare un accordo su una risoluzione, e che "dal 2011 ha adottato risoluzioni che però non sono state sufficienti per fermare la carneficina".

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