Parere n.2 della Fondazione Studi sulla norma in materia.
"Sono ormai entrate a regime le innovazioni apportate dal dl 34/2014 convertito in legge n. 78/2014 alla disciplina del lavoro a termine. Il ministero del Lavoro, con circolare n. 18/2014 diffusa nei giorni scorsi, ha fornito la propria interpretazione dei nuovi ambiti applicativi della disciplina in coerenza con la circolare n. 13/2014 emessa dalla Fondazione Studi il 12 giugno 2014. Rimane aperto, tuttavia, il tema delle modalità di computo del limite legale di contingentamento con particolare riguardo ai lavoratori a tempo parziale". Lo ricordano i consulenti del lavoro, con il parere n.2 emesso dalla Fondazione Studi.
La legge, ricordano i consulenti, stabilisce che il numero complessivo di contratti a tempo determinato non può eccedere il limite del 20% del totale dei lavoratori a tempo indeterminato (in forza al 1º gennaio dell'anno di assunzione): "Il ministero ha chiarito che per la determinazione della base di computo inerente i lavoratori a tempo indeterminato in forza presso il datore di lavoro, 'i lavoratori part time si computano secondo la disciplina di cui all’art. 6 del dlgs 61/2000'".
Vale a dire che, secondo il ministero, i lavoratori a tempo parziale devono essere computati in proporzione all’orario svolto rispetto al tempo pieno. "Il ministero evidenzia anche -dicono i consulenti- che 'qualora la percentuale del 20% dia luogo a un numero decimale il datore di lavoro potrà effettuare un autonomo arrotondamento all’unità superiore qualora il decimale sia uguale o superiore a 0,5'. Ne consegue, a una lettura inversa, che qualora il frequente decimale di calcolo sia inferiore a 0,5 il datore di lavoro dovrebbe effettuare un arrotondamento all’unità inferiore"."Con questa posizione interpretativa, dunque, ai soli fini del computo dei lavorati per il raggiungimento del 20%, sembra di capire che per il ministero l’assunzione di un lavoratore part-time a tempo determinato vale una unità e non in proporzione all’orario effettivamente svolto", si legge nel parere n.2.
"Questa impostazione interpretativa pone quindi il dubbio, se sia corretto adottare due diversi criteri di computo dei lavoratori part-time; ossia, in proporzione al lavoro svolto per quanto attiene la determinazione della base di calcolo del 20%, e come unità intera in sede di rispetto del numero dei lavoratori che è possibile assumere a termine", aggiungono i consulenti.