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Angioletti (ex Anpac), 'la fine di Alitalia iniziò quando la politica uccise la fusione con Klm'

14 ottobre 2021 | 13.08
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'Il momento decisivo a fine anni Novanta, serviva uno sviluppo di Malpensa che però fu bloccato'.

(foto Adnkronos)
(foto Adnkronos)

"Alitalia oggi 'muore' perché sono state perse negli anni tutte le potenziali occasioni di cambiamento sostanziale in line con quello che i tempi avrebbero richiesto. Ma anche perché a fine anni Novanta per colpa della politica fu persa una occasione unica in un momento unico dal punto di vista strategico, gestionale e finanziario, occasione che avrebbe fatto diventare Alitalia uno dei player più importanti del mercato, facendo peraltro risparmiare a contribuenti svariati miliardi di euro". E' l'accusa che Augusto Angioletti, ex comandante Alitalia e già alla guida dell’Anpac, l'Associazione Nazionale Piloti Aviazione Commerciale, formula in un'intervista all'Adnkronos, evidenziando come "cruciale" il periodo fra il 1997 e 1998, quello in cui prese forma l'ipotesi di una piena partnership con Klm che avrebbe rappresentato la risposta alle neonate Star Alliance e OneWorld, una "fusione come quella che la stessa Klm avrebbe poi realizzato solo dieci anni dopo con Air France".

In quegli anni, ricorda, "l'Alitalia era al livello delle consorelle" per numero di passeggeri e rotte coperte "e chiudeva i bilanci in attivo". Di qui la definizione di un progetto 'fra pari' con Klm, in cui "era stato scelto lo scalo di Malpensa per un tema di collocazione geografica, così da creare un asse fra un aeroporto del Nord Italia e altro del Nord Europa per una sinergia forte", lasciando a Fiumicino "una vocazione turistica".

"Saremmo stati antesignani di tutte le fusioni fra compagnie di bandiera che sarebbero venute dopo, era stato tutto definito, Klm era allora un partner molto solido ", spiega l'ex comandante, che pone l'accento sulla possibile progressiva 'de-statalizzazione' di Alitalia: "Nel 1996 con il governo Prodi era stata decisa una prima privatizzazione, con la quotazione di parte della quota pubblica e il progetto sul quale si stava lavorando, di cui Anpac era fra i promotori, prevedeva una privatizzazione vera e propria, prima con una quota di azionariato ai dipendenti, e poi con un ulteriore 35% che sarebbe stato acquistato da fondi di private equity già identificati". Insomma, "Alitalia sarebbe diventata una compagnia privata non più sulle spalle del contribuente, sciogliendo i vincoli con il padre-padrone Iri, che in tempi bui erano stati una garanzia di continuità ma in tempi buoni erano un vincolo".

Su questa iniziativa, però, a un certo punto - ricorda Angioletti, che all'epoca sedeva nel cda della compagnia aerea - "si decise di fare macchina indietro e stoppare lo sviluppo di Malpensa nella direzione che sarebbe servito alla fusione con Klm: gli olandesi pagarono una salata penale, e da allora ci sono voluti 22 anni per far 'morire' Alitalia, tenuta in vita solo grazie a un 'doping' di Stato".

"Ci fu un aut aut della politica" - spiega - con pressioni sul governo e una situazione "paradossale" a Bruxelles. "Dovevamo lottare con la Commissione che aveva pressioni dei nostri competitor, che non volevano il decollo di questo progetto e che hanno vinto, visto che dopo si sono presi molto del traffico di Alitalia", ma questo - spiega l'ex capo dell'Anpac - "in un certo senso era normale: quello che non era normale è che al tempo stesso il sindaco di Roma, ambienti milanesi favorevoli a Linate e forze politiche italiane chiedessero all'Ue di fermare un progetto" della nostra compagnia di bandiera.

"Ci siamo comportati come se all'interno del paese ci fossero diverse anime in contrapposizione, un sabotaggio della politica per motivi campanilistici: c'era tutto - lamenta l'ex comandante - una combinazione straordinaria che avrebbe fatto decollare la compagnia nella direzione corretta richiesta dal mercato e invece dopo il fallimento di quel progetto Alitalia non ha più trovato la sua dimensione". "Ha vissuto giorno per giorno, senza una prospettiva strategica, bruciando miliardi. Il fatto - conclude - è che il mercato dà opportunità oppure le nega, bisogna sempre capire i tempi".

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