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Apre domani 'Israel Landscape' al Museo Arte Cintemporanea di Villa Croce a Genova

09 maggio 2022 | 16.40
LETTURA: 3 minuti

Esposte 60 opere di 30 artisti finoa al 30 giugno

Uno dei quadri della mostra Israel Landscape a Genova
Uno dei quadri della mostra Israel Landscape a Genova

"Israel Landscape" è il titolo della mostra che si inaugura domani, 10 maggio (alle 18) e rimarrà allestita fino al 30 giugno presso il Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, a Genova, promossa dall’Associazione Culturale Acribia, insieme all’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Israele in Italia.

Il progetto è stato esposto nella fiera Arte in Nuvola a Roma nel 2021, dove Israele era paese ospite. Una rassegna che intende far conoscere Israele attraverso la sua arte, ricreando così il suo paesaggio geografico, ma soprattutto quello sociale e umano, ritraendo il Paese come un mosaico della complessità, della diversità e della ricchezza di panorami, gente e tradizioni.

Curata da Ermanno Tedeschi e Vera Pilpoul -che avevano già lavorato insieme per altri progetti internazionali- con la collaborazione di Maya Katzir, addetta culturale dell’Ambasciata di Israele in Italia, la rassegna offre un’ampia visione della scena artistica e culturale di Israele attraverso circa 60 opere di 30 artisti. (segue)

Sono stati selezionati perché accomunati da un impegno creativo volto alla valorizzazione di Israele, con il ricorso a tecniche diverse: dalla pittura alla fotografia, dalla scultura al ricamo, dal disegno alla videoarte. Un quadro variegato, dato che sono presenti non solo persone nate in Israele, ma anche provenienti da diverse parti del mondo.

"Differenza è forse la parola che meglio illustra le caratteristiche non solo di Israele, ma anche dei suoi abitanti -sottolinea Ermanno Tedeschi- L’espressione creativa israeliana prende vita dalla commistione di diverse culture e abitudini, nonché dalla loro storia, ed è proprio questo il punto di maggiore forza dell’arte locale, che presenta una ricerca legata alla tradizione e uno sperimentalismo poliedrico".

"Il paesaggio israeliano -conclude Vera Pilpoul- è rappresentato da vari punti di vista, come diverse sono le origini degli artisti: molti di loro sono immigrati. La dura luce israeliana ha grande impatto sulmodo di percepire il paesaggio. La presenza della natura, la diversità dei soggetti rappresentano l’incrocio tra est e ovest, tra urbanità e natura selvaggia, tra tradizione e immaginario". (segue)

"Guidati dalla esponsabilità -afferma Maya Katzir- abbiamo scelto di esporre una selezione di artiste e artisti provenienti da differenti settori della società israeliana odierna, per far conoscere agli italiani la vivace scena culturale del nostro Paese". Di particolare interesse artistico-sociale sono le opere, tra gli altri, di Michal Mamit Worke, Fatma Shanan, Zoya Cherkassky-Nnadi, Anna Lukashevsky e Menashe Kadishman.

Michal Mamit Worke, immigrata di origini etiopi, con uno stile figurativo asciutto e stilizzato e l’uso di una tavolozza vivace rappresenta scene e persone nella loro vita quotidiana. Nel villaggio druso di Julis vive Fatma Shanan, che si dedica alla pittura realistica ricorrendo all’olio su tela e rappresentando spazi e ambienti della sua vita mediante una visione teatrale ed enigmatica. Una delle più importanti artiste affermate israeliane presenti in mostra è originaria di Kiev: Zoya Cherkassky-Nnadi, che con i suoi lavori dà voce alle sue esperienze personali, tra cui l’infanzia in Urss.

I suoi oli su tela raccontano in stile naïf la vita sovietica degli anni ’80 e hanno dato vita ad un intenso dibattito. Cherkassky-Nnadi è co-fondatrice del "New Barbizon Group", gruppo di artisti provenienti dall’ex Urss nato nel 2010 a cui appartiene la lituana Anna Lukashevsky, anche lei in mostra. Il nome del gruppo si riferisce alla Scuola di Barbizon dei pittori attivi in Francia nel XIX secolo, che sostenevano che la pittura di paesaggio dovesse venire dall’osservazione diretta. Il celebre pittore Menashe Kadishman, scomparso nel 2015, è presente invece con i ritratti colorati delle "sue" pecore, il marchio che lo accompagnò sin dalla Biennale di Venezia del 1978.

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