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Arbitro Gavillucci: "Psg-Basaksehir? Razzismo cancro della società"

09 dicembre 2020 | 17.37
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Arbitro Gavillucci:

"Va accertato innanzitutto cosa è accaduto veramente. Vorrei fare prima un discorso generale, quello che ha mosso me ad interrompere la partita, Sampdoria-Napoli ormai due anni fa. C'è la necessità di dare segnali forti, che sono stati dati da due campioni come Marquinhos e Neymar che hanno deciso, anche se non colpiti direttamente con la loro squadra, di assecondare le scelte degli avversari, di dare un segnale forte di quello contro quello che è un cancro nella nostra società e non solo nel calcio". Sono le parole dell'arbitro Claudio Gavillucci, ora trasferitosi in Inghilterra dove arbitra gare di National League, all'Adnkronos in riferimento a quanto accaduto nella partita di Champions tra Psg-Basaksehir sospesa ieri, a causa delle parole del quarto uomo Sebastian Coltescu che avrebbe dato del "negro" a Webo, assistente tecnico del club turco.

Gavillucci fu l'arbitro che interruppe la gara tra Sampdoria-Napoli di Serie A due anni fa per cori razzisti. "Mi sento di appoggiare in tutto e per tutto quello che hanno fatto le due squadre, che da un punto di vista morale avrà avuto un seguito positivo. La Uefa e la Fifa vanno assolutamente elogiate per la lotta al razzismo e perché mettono in atto in maniera molto più forte, rispetto al campionato italiano, tutte le azioni, al fine di estirpare questo problema dal mondo del calcio. Sono sicuro che la Uefa porterà avanti una indagine, certificando, qualora ci fosse, la responsabilità di chi ha generato questa situazione", ha aggiunto Gavillucci, autore del libro l'Uomo Nero' (edito da Chiarelettere scritto insieme a Manuela D'Alessandro e Antonietta Ferrante).

"Al di là della frase detta, ritengo che nel 2020 sia impensabile poter individuare o riconoscere una persona per il colore della pelle. Nella cultura inglese, in cui oggi mi trovo ad arbitrare, è inimmaginabile che qualcuno possa identificare un calciatore per il colore della pelle, ma il nome, il numero o semplicemente indicarlo, è sufficiente. Il fatto di identificare una persona per il colore della pelle è la superficie di un problema culturale più profondo che non è necessariamente un consapevole atto di razzismo", ha aggiunto Gavillucci.

"La cosa che ho notato ieri, e mi ha fatto riflettere sulla arretratezza di determinate situazioni nell'affrontare questo grave problema, sono i commenti delle persone che sottovalutano le parole di chi chiedeva spiegazioni, sminuendo il risentimento di chi vive sulla propria pelle l'effetto di tali esternazioni. Per chi lo subisce è qualcosa di profondo non una semplice distinzione del colore della pelle -ha aggiunto l'arbitro italiano-. La Uefa ha fatto benissimo a far rigiocare la partita. Non avevo nessun dubbio che istituzione come Uefa e Fifa, in prima linea nella lotta al razzismo, affrontassero il problema in maniera seria e decisa".

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