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Arriva pillola sugar-killer contro il diabete

13 settembre 2017 | 12.56
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Immagine di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Immagine di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Una pillola che promette di migliorare la qualità di vita dei pazienti con diabete di tipo 1 cancellando gli sbalzi nei loro livelli glicemici, efficace anche per evitare l'ipoglicemia, stabilizzare la pressione e favorire la perdita di peso. Non più un'ipotesi, ma è quanto emerso da uno studio internazionale che ha interessato 133 centri dislocati in 19 Paesi del mondo. L’unico ateneo italiano ad essere stato coinvolto nella sperimentazione di fase 3 è l'Università Campus Bio-Medico di Roma (Ucbm). I risultati, appena pubblicati sul New England Journal of Medicine, sono stati presentati al Congresso europeo sul Diabete (Easd) a Lisbona. La compressa 'sugar-killer' sarà con tutta probabilità disponibile in commercio entro un anno, avvisano i ricercatori.

Il farmaco che si candida a divenire un nuovo e promettente alleato anti-diabete è il Sotagliflozin. Una singola compressa, assumibile per via orale, è stata affiancata alla quotidiana e obbligatoria supplementazione di insulina in pazienti affetti da diabete di tipo 1, costretti a vita a queste punture dalla prematura morte delle beta-cellule del loro pancreas, non più in grado di rifornirli autonomamente di questo importante ormone. La speciale pasticca, presa la mattina a colazione, si è rivelata capace, spiegano i ricercatori, di tenere a bada il glucosio nel sangue e di conservare la propria efficacia pur con un minore apporto di insulina. Un dato significativo per i pazienti cronici che soffrono spesso di sbalzi nei livelli glicemici.

Il trial clinico di fase 3 è durato 24 settimane e vi hanno preso parte 1.402 soggetti con diabete di tipo 1. Tra i maggiori principal investigator coinvolti Paolo Pozzilli, ordinario di Endocrinologia e Malattie Metaboliche presso l’Ucbm. "La sperimentazione – spiega il docente – ha accertato che il farmaco, che fa parte della classe dei cosiddetti inibitori del riassorbimento del glucosio a livello renale, consentendone l’eliminazione attraverso le urine, è in grado di ridurre il suo assorbimento anche a livello intestinale. I pazienti hanno registrato una significativa riduzione del fabbisogno insulinico e un miglioramento nei livelli dell’emoglobina glicata, indice di buon controllo del metabolismo: in particolare, il farmaco è riuscito ad abbassare la loro glicemia e a mantenerla stabile nonostante, nel contempo, fosse stato ridotto loro l’apporto d’insulina. Questo – aggiunge Pozzilli – può significare un minor rischio di complicanze a lungo termine".

Il Sotagliflozin si è rivelato anche efficace nel ridurre le ipoglicemie, favorire la perdita di peso e controllare la pressione arteriosa nei soggetti in cui era elevata, precisano i ricercatori. I ricercatori spiegano il meccanismo di azione del farmaco: dopo un primo filtraggio renale, il glucosio viene riassorbito nel sangue e quindi torna in circolo, fino a quando il livello glicemico non supera quota 180. Oltre tale limite, il glucosio viene eliminato dall’organismo con le urine e le feci. Il Sotagliflozin modifica questa 'soglia' glicemica di riassorbimento dello zucchero nel sangue, facendola scendere a 130. Quando la glicemia raggiunge tale livello, scatta l’inibizione delle due proteine trasportatrici del glucosio, che agiscono di solito una nel rene e l’altra nell’intestino (Sglt1 e Sglt2) riportandolo in circolo. Con la loro disattivazione, l’organismo evita di 'riprendersi' gli zuccheri nel sangue, consentendone l’eliminazione definitiva.

Gli italiani con diabete di tipo 1 sono circa 300mila, secondo i dati del ministero della Salute. Nel mondo ne sono colpiti 29 milioni di persone, ma il fenomeno è in crescita. La nuova molecola appartiene a una famiglia di farmaci finora testati solo per la cura del diabete di tipo 2, quello che insorge a seguito di obesità o di cattive abitudini alimentari. I trials clinici sui 'parenti' del Sotagliflozin avevano dimostrato recentemente la capacità di ridurre di un terzo la mortalità nei pazienti con diabete di tipo 2 per tutte le cause. "I ricercatori dovranno, quindi, verificare sperimentalmente se questa molecola, come le 'cugine' validate per il diabete di tipo 2, possa avere effetti analoghi sulla mortalità anche nei pazienti con diabete giovanile", conclude Pozzilli.

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