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A.Saudita: aumentano incidenti provocati da calca, ma sconosciuta la miccia/scheda

25 settembre 2015 | 12.48
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 Pellegrini a La Mecca. AFP PHOTO/MOHAMMED AL-SHAIKH - AFP
Pellegrini a La Mecca. AFP PHOTO/MOHAMMED AL-SHAIKH - AFP

Esperti nella gestione della folla vengono consultati nella maggior parte dei casi di grandi assembramenti di persone: le loro ricerche vertono sulle misure da adottare per prevenire il fenomeno di cui tuttavia non si è ancora ben identificata la miccia, il modo in cui si sviluppa. E malgrado tutti i loro sforzi, basati sul tentativo di prevedere i movimenti che la folla, nelle diverse circostanze in cui si è riunita, sceglierà di fare, con un misto di matematica, tecniche gestionali e psicologia, gli incidenti di questo tipo sono in aumento (come è emerso da una ricerca condotta nel 2010).

Basti ricordare anche solo gli episodi più gravi degli ultimi anni per farsi una idea di questo andamento, oltre a quanto accaduto ieri a Mina, in Arabia saudita: nel 1989, quasi 100 persone sono morte nella calca allo stadio di Hillsborough, a Sheffield, in Inghilterra, nel 2005: su un ponte del fiume Tigri a Baghdad, più di 960 persone, pellegrini diretti a un tempio, muoiono dopo il diffondersi della voce di un attacco suicida, nel 2010: a Phnom Penh, 353 persone muoiono dopo che un ponte sospeso comincia a ondeggiare.

I soccorritori concentrano la loro attenzione sull'aiuto dei feriti più che a interrogare i sopravvissuti per fare luce sulla dinamica dell'incidente. "Le organizzazioni della sanità internazionali devono riconoscere che gli incidenti per calca rappresentano un disastro importante di cui occuparsi. Se definissero un protocollo per inviare velocemente qualcuno per capire cosa è accaduto nel luogo di un disastro, potremmo contare su rapporti dettagliati da usare per mettere in relazione i diversi incidenti. Senza questi rapporti, non siamo davvero in grado di capire con cosa abbiamo a che fare", chiedeva Edbert Hsu, professore di medicina associata all'Università John Hopkins, presentando i dati della ricerca sull'aumento dei casi.

Lo stesso testimonia ora, in una intervista al Washington Post, Keith Still, analista specializzato in sicurezza della folla e analisi dei rischi, secondo cui gli incidenti per calca fra gli umani, fenomeni molto diversi per natura a quelli che accadono agli animali, riescono a essere osservati raramente. Fra gli umani, sottolinea suggerendo un cambiamento di termini in inglese, non si tratta di vere e proprie fughe disordinate, ma di un accartocciamento della folla.

Da un punto di vista meccanico, il fenomeno della compressione della gente è tragicamente semplice: una volta che le persone sono spinte vicina l'una all'altra oltre una certa soglia (sette persone in poco meno di un metro quadrato), è cruciale che chi si trova davanti continui a muoversi alla stessa velocità di quelli che stanno dietro. Questi ultimi, non riuscendo a vedere davanti, cercano di spingere avanti alla ricerca di più spazio con l'idea che chi sta davanti continuerà a muoversi consentendo loro di proseguire.

Se per qualche ragione si perde il ritmo, per esempio perché un ostacolo blocca i primi del gruppo o perché nelle retrovie si diffonde la voce che la gente viene schiacciata portando chi vi si trova ad accelerare, i primi della fila vengono schiacciati per davvero. A volte, la forza è tanta che lo schiacciamento avviene sul posto in cui si trova la vittima. L'ipotesi su cui lavorano gli esperti è che le prime vittime siano poche e davvero schiacciate dal peso di chi sta loro attorno, tutte le altre invece sono provocate dal panico che si diffonde. Quindi, il problema, la miccia, può non essere il comportamento della folla, dato che a scatenare una tragedia è quanto accade, le condizioni puramente fisiche, nell'immediata vicinanza delle prime, e poche, vittime.

Anticipare il comportamento che la folla, la folla particolare che si è riunita per una partita di calcio, una festività religiosa o un concerto rock, deciderà di seguire rimane comunque l'elemento fondamentale su cui operano gli analisti. "Se non riesci a facilitarlo, ti ritrovi con comportamenti che vengono frustrati. E tali comportamenti frustrati possono inviare onde shock in un assembramento stretto", spiega Still indicando nel caso di Mina, come causa scatenante della tragedia, la compressione del flusso contrapposto di persone in due direzioni diverse e in uno spazio confinato più che il panico generalizzato.

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