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Bambini reclutati dall'Is per diffondere l'ideologia, tendenza in crescita

19 febbraio 2016 | 13.23
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Immagine di repertorio (Xinhua)
Immagine di repertorio (Xinhua)

Indottrinati e mandati a morire come kamikaze, o a combattere in prima linea. Sono bambini, siriani e iracheni soprattutto, sempre più usati dal sedicente Stato Islamico (Is) non tanto per il vantaggio che offrono in battaglia, ma per aumentare la diffusione dell'ideologia jihadista. E' quanto emerge da uno studio condotto dal Combating Terrorism Center della Georgia State University che, creando un vero e proprio database, evidenzia come l'Is stia mobilitando i bambini a un livello senza precedenti. Il risultato, scrivono i ricercatori, è che per sradicare la minaccia dell'Is si dovrà andare ben oltre all'eliminazione fisica di Abu Bakr al-Baghdadi, considerato il considerevole numero di bambini indottrinati che lascerà dietro di sé.

"Quello che emerge dal database è che l'uso dei bambini è diventato normale", ha detto alla Cnn Charlie Winter, co-autore del rapporto. I bambini, ha proseguito, "non sono solo utilizzati per scioccare le persone nei video delle esecuzioni. Vengono utilizzati per il loro valore operativo. Purtroppo dobbiamo aspettarci che questa tendenza aumenti''. I ricercatori hanno quindi setacciato i canali di comunicazione dell'Is per individuare l'età dei bambini, la loro nazionalità, il ruolo avuto, il luogo e le modalità della morte.

Nello studio si legge che la maggior parte dei bambini presenti tra le fila dell'Is è originario della Siria (seguito da iracheni, yemeniti e marocchini), mentre la maggior parte delle vittime è stata uccisa in Iraq, poi in Siria e in Yemen (con un'impennata di decessi tra novembre 2015 e gennaio 2016). Su 89 bambini morti, prosegue il rapporto, il 39 per cento è deceduto a causa dell'esplosione di un ordigno, mentre il 33 per cento da fuoco nemico sul campo di battaglia. Il 4 per cento è morto sferrando un attentato kamikaze. Il 18 per cento dei bambini è invece deceduto dopo aver attaccato una postazione nemica e aver azionato la cintura esplosiva.

Winter ha poi ricordato come il mese scorso cinque jihadisti adulti dell'Is abbiano combattuto affiancati dai figli nella base militare di Tariq in Iraq. Questo, ha detto lo studioso, mostra che l'Is non usa i bambini per sostituire gli adulti, ma che questi sono integrati in operazioni militari. "I genitori stanno dando l'autorizzazione a che i loro figli entrino nell'organizzazione", ha detto Mia Bloom, co-autrice del rapporto. "E' diverso da quello che abbiamo visto in Africa, i bambini non vengono rapiti, non vengono costretti. Nella maggior parte dei casi, quello che stiamo vedendo sono ragazzi in posa con grandi sorrisi'', ha aggiunto.

''L'Is sta integrando i bambini nel suo progetto in un modo che è più simile a quello messo in atto da uno stato che da un attore non statale. Questo significa che ha una visione di lungo termine - ha spiegato Winter - Non si tratta solo di portare i bambini nei suoi ranghi e utilizzarli immediatamente sul campo di battaglia. Quello che l'Is sta facendo è coinvolgerli, indottrinarli, formarli, spendere molto tempo per diffondere l'ideologia jihadista".

Bloom stima che ci siano almeno 1.500 i combattenti bambini tra le fila dell'Is, il che rappresenta una sfida enorme per chi combattere i jihadisti sul campo di battaglia, ma anche in termini di riabilitazione. "Per salvare i bambini soldato in Liberia, Uganda o in Mozambico sono state usate due cose: la famiglia e la religione - ha spiegato Bloom - Il problema dell'Is è che ha distorto la religione e le famiglie sono colluse con l'Is se consentono ai loro figli di entrare (nell'organizzazione, ndr). Questo pone altre sfide e non abbiamo un buon metodo da utilizzare. E' un grosso problema".

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