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Banche, Fuest (Ifo): limitare i titoli di stato, le italiane ancora fragili

16 aprile 2016 | 14.39
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Clemens Fuest, direttore dell'IFO
Clemens Fuest, direttore dell'IFO

"Il potenziamento del Quantitative Easing è difficile da giustificare: c'è il rischio che crei nuove 'bolle' speculative e nuovi squilibri. La Bce avrebbe dovuto aspettare di vedere l'impatto delle misure già varate". Ci sono tutte le perplessità - a dir poco - tedesche nelle parole di Clemens Fuest, da pochi giorni nuovo direttore dell'Ifo Institute, il più prestigioso centro di ricerca economica tedesco, davanti alle nuove misure decise dall'Eurotower (taglio dei tassi, aumento di 20 miliardi degli interventi mensili ed ampilamento della gamma di titoli coinvolti).

Ma Fuest - succeduto a inizio aprile al vulcanico Hans Werner Sinn - è in sintonia con il governo tedesco anche su un altro fronte, quello del debito sovrano in pancia alle banche europee (soprattutto della 'periferia' dell'Eurozona). "Troppi titoli di Stato, garantiti da un capitale troppo basso. E' questo il punto debole del sistema bancario europeo. Bisogna adottare in tempi stretti norme per limitare la quantità di titoli di Stato in pancia alle banche".

"Siamo in una unione monetaria, e quindi i governi non possono essere salvati dalle banche centrali nazionali: il risultato è che, se c'è una crisi, i titoli di Stato non vengono rimborsati, come abbiamo visto nel caso della Grecia" osserva l'economista. Fuest non nasconde poi di essere "preoccupato per le banche italiane: il livello di sofferenze è troppo alto. I prestiti potrebbero essere garantiti dalle riserve, ma fino a quando non ci sarà chiarezza su questo, la fiducia sul vostro sistema bancario resterà fragile".

A proposito del differente trattamento riservato alle quattro banche italiane fallite rispetto ai pesantissimi salvataggi pubblici operati a suo tempo in Germania, l'economista ricorda che "allora le regole erano diverse: i salvataggi sono stati dolorosi per i contribuenti tedeschi ma erano legali. All'epoca non c'era l'Unione Bancaria Europea, che però, va detto, è stata introdotta anche con l'approvazione dell'Italia".

Per Fuest, comunque, "è importante lasciarsi alle spalle lo scenario in cui, quando le cose andavano bene, azionisti, obbligazionisti e manager bancari facevano enormi profitti mentre se le cose peggioravano erano i contribuenti a salvare gli stessi istituti". "I creditori delle banche - sottolinea l'economista tedesco - devono sapere che perderanno soldi se queste chiudono. Al stesso tempo, comunque, gli istituti devono essere così solidi da far sì che i fallimenti bancari siano un'eccezione".

Il 47enne economista, comunque non risparmia le critiche alle scelte economiche fatte negli ultimi anni nella stessa Germania. E' vero, spiega, "l'Italia è un caso di crescita economica cronicamente debole e ha bisogno di riforme strutturali profonde" ma "per superare le crisi nella zona euro non si tratta di esportare il modello tedesco. Alcune delle recenti riforme in Germania, anzi, rappresentano un cattivo esempio perché riducono il potenziale di crescita dell'economia tedesca. Un esempio è la riduzione dell'età pensionabile, l'altro è il salario minimo assieme alle altre riforme che riducono la flessibilità del mercato del lavoro". Al più ammette, sarebbe da copiare il fatto che "la Germania si era preoccupata di raggiungere un pareggio di bilancio prima della recessione del 2008, così da avere spazio fiscale quando è arrivata la recessione".

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