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Teatro: Barbara De Rossi è 'Medea' al Ghione di Roma

14 marzo 2016 | 15.47
LETTURA: 3 minuti

Barbara De Rossi è 'Medea'
Barbara De Rossi è 'Medea'

Barbara De Rossi debutta domani al Teatro Ghione di Roma in 'Medea' di Jean Anouilh nella traduzione di Giulio Cesare Castello e per la regia di Francesco Branchetti. Con Barbara De Rossi sul palcoscenico ci sono anche Tatiana Winteler (la nutrice), lo stesso Francesco Branchetti (Giasone), Lorenzo Costa (Creonte) e Fabio Fiori (ragazzo, guardia). Le musiche sono di Pino Cangialosi, le scene e i costumi Clara Surro. Lo spettacolo sarà in scena nel teatro capitolino fino al 24 marzo.

"Mettere in scena oggi 'Medea' di Jean Anouilh significa non solo rendere omaggio ad uno dei più grandi autori del teatro francese del Novecento -spiega il regista- ma anche e soprattutto riscoprire un testo straordinario da ogni punto di vista, un testo in cui regna un personaggio come quello di Medea dalla enorme forza tragica, nella sua solitudine straziante, nella sua sensualità dolorosa, nel suo essere votata ad un amore che non conosce limiti, nella sua disperazione, nel suo essere travolta da un sentimento incontrollabile e nella sua rivolta alle regole".

"La regia e lo spettacolo -prosegue il regista- ricostruiranno scenicamente, visivamente, musicalmente, il mondo della protagonista e dei suoi sentimenti 'straordinari', 'estranei', da 'emarginata', la sua anima straziata e dolente, capace di piegarsi al dubbio, alla debolezza, addirittura alla tenerezza più struggente, che, secondo me, tanto ci parlerà della condizione universale della donna, pur se indagata in un esempio estremo ed eccezionale".

"La messa in scena ha l’intento e l’obiettivo di restituire al testo la straordinaria capacità, attraverso la voce di Medea e degli altri personaggi, di parlare, di evocare, di 'far apparire' un mondo di passioni estreme, di paure, di incubi, di umane debolezze, di solitudine, di lotta disperata per la propria dignità, di forze oscure, misteriose, magiche ed arcane, di pulsioni innominabili, di violenza, in cui tutti noi finiremo per trovare, attraverso la parola di Anouilh, il nostro presente più dilaniato, il nostro oggi cosi travagliato, sia che si parli di rapporti umani, che di guerre, che di contrapposizione fra culture, che di 'esuli', che di lotta per il potere, che di eventi 'straordinari' di violenza oppure di dolore o di sofferenza, che sembrano talvolta evocare il mito e gli straordinari personaggi mirabilmente disegnati dalla penna di Anouilh", conclude Francesco Branchetti.

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