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ANTICHI VITIGNI

Bastardi in culla

14 febbraio 2023 | 07.57
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Vitigni del passato abbandonati e poi dimenticati. In alcuni casi addirittura mai scoperti prima. Sono loro i beniamini dell’associazione G.R.A.S.P.O.

Bastardi in culla

«La biodiversità viticola è un patrimonio in via di estinzione - spiega Aldo Lorenzoni - una grande ricchezza da salvaguardare». Forse lo avrete visto aggirarsi per i vigneti italiani insieme a Luigino Bertolazzi, alla ricerca di questi vitigni “minori”. Lorenzoni è stato per oltre vent’anni alla guida dei consorzi di tutela Soave, Lessini Durello, Arcole e Merlara; Luigino Bertolazzi presidente di Assoenologi del Veneto occidentale. Ora i due enologi hanno più tempo, essendo entrambi in pensione, e già da qualche anno si dedicano anima e corpo a questo progetto che è senza scopo di lucro ma di grande utilità.

Sì, perché non è uno studio fine a se stesso, a loro non interessa realizzare un’enciclopedia da lasciare ai posteri, anzi alla polvere, su qualche scaffale. Lo fanno perché ritengono che queste uve dai nomi strani, Brepona, Pontedara, Vernazzola, Bigolona, Simesara, Saccola, Cavrara, Ua salà (e chi più ne ha più ne metta) possano rappresentare una risorsa. Vitigni del passato, sì, ma per vini del futuro.

Per questo stanno percorrendo l’Italia in lungo e in largo, in modalità Indiana Jones della vigna, a caccia di varietà nascoste. Le selezionano, le allevano, ne analizzano il DNA e poi le vinificano. Nella loro cantina-laboratorio cercano di capire quale sia il metodo di vinificazione migliore per ciascuna di loro e poi osservano come si comportano i vini durante l’invecchiamento. L’obiettivo è scoprire se queste uve hanno davvero un senso, se possono diventare buoni vini o essere utilizzate da taglio.

Insomma, se possono rappresentare una risorsa per la vitivinicoltura di domani, un’opportunità per i produttori di differenziarsi sul mercato, valorizzando vitigni tradizionali del territorio. Chi lo sa, magari alcune di queste uve storiche, antiche, sopravvissute possono anche essere d’aiuto nel fronteggiare il cambiamento climatico. Per questo esiste Graspo, per scoprirlo.

«Sono emerse molte cose interessanti, nel corso delle nostre ricerche - spiega Bertolazzi - ci siamo persino imbattuti in varietà che non erano mai state scoperte prima. Soprattutto ci siamo resi conto che alcune uve antiche sono state considerate minori a torto, spesso solo per ragioni di produttività e di profitto. Se nessuno le recupera, rischiano di estinguersi. Per questo abbiamo unito le forze e stiamo collaborando, non solo con alcune importanti aziende del settore enologico, ma anche con i principali istituti di ricerca come il CREA di Conegliano, Veneto Agricoltura, Università di Verona e Catania, il CNR di Torino e alcuni Consorzi di Tutela».

«Qualche risultato concreto Graspo lo ha già raggiunto - interviene Lorenzoni - perché abbiamo presentato i dossier di due varietà, la Brepona e la Pontedara, per l’iscrizione al Registro delle varietà della vite del Ministero e abbiamo moltissimi progetti per il 2023».

(G.R.A.S.P.O. Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e la Preservazione dell’Originalità e biodiversità viticola)

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