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Battisti: "Appello alla giustizia per istanza respinta, ora sciopero fame e cure"

08 giugno 2021 | 12.44
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Rigettata istanza di trasferimento dal reparto di Alta sicurezza di Rossano

Immagine d'archivio (Afp)
Immagine d'archivio (Afp)

Cesare Battisti lancia un lungo ‘appello alla giustizia’ dal carcere di Rossano Calabro, dove è detenuto da quasi un anno in regime di Alta sicurezza (AS2) e da dove attendeva la decisione del Dap sulla sua istanza di trasferimento, presentata dai suoi legali, Gianfranco Sollai e Davide Steccanella, all’indomani dell’arrivo in Calabria. Istanza rigettata nei giorni scorsi, da quanto appreso dall’Adnkronos, e per la quale l’ex terrorista dei Pac ha iniziato lo sciopero della fame e interrotto le terapie cui si sottopone per problemi di salute. Nella sua lettera-appello inviata tramite gli avvocati, Battisti parte dalle motivazioni che hanno spinto il Dap a non concedere il suo trasferimento: il regime di Alta sicurezza legato alla tipologia di reato commesso e un percorso che secondo il Dap è comunque teso alla rieducazione e al reinserimento del condannato. Tesi che Battisti contesta, ricordando di "aver trascorso 40 anni in esilio, conducendo una vita di cittadino contribuente perfettamente integrato nella società civile, con incessante attività professionale, pacifico coinvolgimento nell’iniziativa culturale e nel volontariato, ovunque mi è stato offerto rifugio".

"Il Dap pare ignorare che nel reparto dove sono detenuto, nel carcere di Rossano, nulla è predisposto per i detenuti che non condividono i costumi e la tradizione musulmana o che abbiano vivaci incompatibilità di convivenza con questa categoria di detenuti" scrive Cesare Battisti nella sua lettera appello dal carcere di cui l'Adnkronos è venuta a conoscenza, consegnata ai suoi avvocati dopo il rigetto della sua istanza di trasferimento dal reparto di Alta sicurezza dove è recluso insieme a detenuti appartenenti all’Isis. "L’As2 di Rossano è una tomba, lo sanno tutti - aggiunge ancora Battisti -. E’ l’unico reparto sprovvisto persino di mattonelle e servizi igienici decenti, dove nessun operatore sociale mette piede. Il famigerato portone ‘Antro Isis’ è tabù perfino per il cappellano, che finora ha regolarmente ignorato le mie richieste di colloquio. Qui tutto è predisposto per tenere a bada dei ferventi musulmani, ai quali, se pure in condizioni esecrabili, è stato concesso il diritto di pregare insieme".

"Avevo riposto speranze in quest’ultima istanza di trasferimento, immaginando che, dopo oltre due anni in condizioni estreme, le autorità non infierissero oltre, considerata la mia età e il mio precario stato di salute. Ma anche e soprattutto per aver mostrato grande disponibilità alla riconciliazione con quei settori della società che più hanno sofferto le conseguenze della lotta armata degli anni ’70, con particolare riferimento alle famiglie delle vittime" è un altro dei passaggi chiave della lettera-appello alla giustizia inviata da Cesare Battisti "ai familiari, ai legali difensori, alle istanze competenti e a tutti coloro che si sono fin qui solidarizzati affinché mi fosse garantito un regime di carcerazione dignitoso".

L’ex terrorista dei Pac accusa il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di non tener conto "del grande disagio dovuto alla distanza che separa il condannato dai suoi affetti" e di trattare il suo caso con un carattere sanzionatorio della pena e non, come prevede la Costituzione, recuperatorio.

"Le cose - scrive Battisti - non sono mai quelle che sembrano secondo i media. La questione dei rifugiati in Francia è una farsa, così come è reale l’intenzione dello Stato di negarmi i diritti stabiliti fino alla fine. L’Italia - accusa Battisti - ha mentito garantendo un trattamento umano a clemenza. Lo provano le condizioni della prigionia di Cesare Battisti. L’opposto di quello che dovrebbero aspettarsi veramente i rifugiati che, dalla Francia, arrivano in Italia".

Recluso nel carcere di Rossano in un reparto nel quale "sono l’unico detenuto non legato al terrorismo islamico" sottolinea Battisti nella lettera di accuse al Dap, lamentando, tra le altre cose, di essere in isolamento da oltre 27 mesi, "dei quali gli ultimi 8 senza mai espormi alla luce solare diretta".

Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria "ignora deliberatamente o sembra interpretare in modo singolare - scrive ancora l’ergastolano - la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Milano, confermata in Cassazione nel novembre 2019, la quale stabilisce che il sottoscritto deve scontare la pena in un carcere con regime ordinario. In nessun caso il reparto di Alta Sicurezza di Rossano potrebbe garantire un trattamento ordinario, giacché non è questa la sua funzione".

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