La sanzione penale accessoria dell'interdizione e l'incandidabilità sono due misure ''che ben possono essere applicate contestualmente, avendo come riferimento fonti normative diverse''. Lo scrive la Corte di Cassazione nelle motivazione alla decisione con cui il 18 marzo scorso ha confermato i 2 anni di interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi stabiliti dalla Corte d'Appello di Milano, come pena accessoria alla condanna a 4 anni per frode fiscale nel processo Mediaset. Non si può dunque parlare di ''cumulo delle sanzioni'' come indicato dalla difesa dell'ex premier.
''Per effetto della decisione del Senato'' spiega la Suprema corte riferendosi all'applicazione della Legge Severino, Silvio Berlusconi ''ha perduto per la durata di sei anni con decorrenza dal 27 novembre 2013 il proprio diritto all'elettorato attivo e passivo. La perdita del medesimo diritto derivante dalla disposizione codicistica in tema di interdizione dei pubblici uffici ha durata biennale decorrente dalla data in cui viene definita la sanzione accessoria''.
Tuttavia, precisa ancora la Cassazione, ''per tale arco temporale, la limitazione dei diritti di elettorato dell'imputato è unica, pur essendo diverse le fonti normative di riferimento: il che esclude il prospettato cumulo delle sanzioni che rende, dunque, del tutto superfluo il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia''.