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Omicidio Bologna, uccide l'ex compagna: 27enne resta in carcere

26 agosto 2022 | 18.36
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Interrogatorio di garanzia, ha scelto di non rispondere alle domande

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Il gip di Bologna Andrea Salvatore Romito ha convalidato l'arresto e disposto il carcere per Giovanni Padovani, l'uomo accusato di aver ucciso a martellate la compagna Alessandra Matteuzzi a Bologna. Il 27enne, assistito dall'avvocato Enrico Buono, si era avvalso della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio di garanzia. Lo si apprende da fonti giudiziarie.

L'ORDINANZA - Deve restare in carcere, si legge in un passaggio dell'ordinanza, perché è "l'unico presidio in grado di tutelare la collettività (e, in particolare, i familiari della Matteuzzi, esposti al rischio di ritorsioni o gesti connotati da pari carica aggressiva) dal ripetersi di gesti analoghi". Comportamenti che sono spaziati "da atti lesivi del patrimonio a insulti e minacce" fino all'omicidio quando il 27enne si sarebbe "appositamente recato a Bologna da Senigallia solo perché la Matteuzzi aveva omesso di rispondere alle sue chiamate" e lo ha fatto portando con sé "un martello a scopo di difesa", a suo dire. Per il giudice, Padovani è animato "da un chiaro intento vendicativo (visto che non avevo ricevuto ancora risposta, mi sono sentito nuovamente usato e manipolato, quindi decidevo di andare di nuovo a Bologna per chiarire, perché non capivo il suo comportamento dopo che il giorno prima eravamo stati benissimo insieme", lui dichiara. Contro la donna, dopo che il martello si rompe, usa prima calci e pugni, poi una panchina in ferro presente nell'atrio del condominio. Una "intensità del dolo" interrotta solo dall'intervento di alcuni vicini, che impedivano di continuare a infierire e scappare.

L'indagato è "animato da un irrefrenabile delirio di gelosia e incapace sia di accettare con serenità il verificarsi di eventi avversi, ma pur sempre rientranti nelle ordinarie dinamiche relazionali (la cessazione di un rapporto, per di più caratterizzato da incontri sporadici), sia di attivare l'ordinario sistema di freni inibitori delle proprie pulsioni aggressive". Elementi che indicano una "eccezionale pericolosità e assoluta incontrollabilità o prevedibilità delle azioni e non consentono di riporre alcuna fiducia sulla spontanea adesione da parte del prevenuto a prescrizioni" e che dunque rendono il carcere - anche per proteggere la famiglia della vittima - l'unica soluzione possibile.

"La gravità dei fatti è attestata dalla ampia estensione temporale della condotta persecutoria, posta in essere a fronte di un rapporto sentimentale di modesta durata e ridotta frequentazione e, dunque, indicativa del desiderio ossessivo nutrito dal detenuto e della sua incapacità di accettare la cessazione della relazione, dalla quotidianità ed intensità delle molestie e dalla multiformità delle condotte assunte" scrive il Gip.

"Il racconto della Matteuzzi, originariamente affidato alla querela sporta il 29 luglio 2022 e poi implementato dalle integrazioni narrative del 3, 8 e 13 agosto 2022, pur bisognevole dei necessari approfondimenti investigativi, appare logico e aderente sia ai ricordi consegnati agli operanti dai soggetti ascoltati, a piena conoscenza dei fatti per avervi assistito direttamente, che al contenuto delle conversazioni intrattenute tramite WhatsApp con l'ex fidanzato; ben potendo ritenersi, dunque, che il Padovani avesse, sin dalla genesi della relazione, adottato nei confronti della donna comportamenti frutto di un incontenibile desiderio di manipolazione e controllo, tradotto nella progressiva privazione di sempre più ampi margini di libertà personale".

Ad avviso del giudice il contenuto informativo delle "molteplici deposizioni della vittima, pur se, come rilevato, bisognevole di ulteriori elementi di conforto", appare idoneo a dar pieno della "sussistenza di un grave e perdurante stato di ansia e di un fondato timore per la propria incolumità". Alessandra viveva in "uno stato di timore, di malessere, di costante pressione e di disagio" visto che l'ex controllava l'abitazione e le frequentazioni ("sovente introducendosi clandestinamente all'interno dello stabile o anche dell'appartamento attraverso il terrazzo" si legge nell'ordinanza), monitorava cellulare e profili social, la costringeva a effettuare "brevissimi intervalli videochiamate o filmati" per verificare le sue affermazioni, le danneggiava l'auto o la minacciava temendo tradimenti. "L'aggressione del 24 agosto costituisce, a ben vedere, solo l'ultimo tassello di tale persistente rappresentazione mentale, saldandosi agli atti pregressi così da costituire l'insano completamento". Un omicidio efferato: prima è stata colpita alla testa con una martellata, quindi colpita al volto e al corpo con calci e pugni, poi ancora colpita con una panchina di ferro, presente nell'atrio del condominio.

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