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L'esperto

"Bonus non dovuto a parlamentari, ecco perché"

13 agosto 2020 | 12.20
LETTURA: 3 minuti

A spiegarlo sull'Huffington Post è Giuliano Cazzola, ex deputato ed esperto di previdenza e welfare: "Se ne fa una questione di malcostume, nessuno si preoccupa di sapere se il diritto c'era"

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Il bonus di 600 euro era dovuto o no ai parlamentari? A rispondere alla domanda è Giuliano Cazzola, esperto di previdenza e welfare che è stato anche deputato: "La prestazione - scrive sull'Huffington Post - non era dovuta ai parlamentari e, in generale, ai consiglieri regionali mentre per i politici ‘minori’ occorre valutare la loro specifica posizione professionale e previdenziale (non quanto percepiscono dalla istituzione di cui fanno parte)".

Cazzola spiega il perché: "Gli articoli da 27 a 31 e 38 del decreto 'Cura Italia' riconoscono in favore di alcune categorie di lavoratori un’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro. Il beneficio può riguardare, a determinate condizioni: i liberi professionisti (titolari di partita Iva) iscritti alla cosiddetta Gestione separata Inps e i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla medesima Gestione; i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Inps (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali); i lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali; gli operai agricoli a tempo determinato; i lavoratori dello spettacolo.

"Il successivo articolo 96 -prosegue Cazzola- prevede il riconoscimento dell’indennità di 600 euro, sempre per il mese di marzo 2020, in favore di titolari di rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche. In tutti questi casi è prevista la medesima ‘condizionalità': l’una tantum è dovuta qualora i soggetti interessati non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, diverse dalla Gestione separata presso l’Inps. Sappiamo, in proposito, che per i parlamentari è obbligatoria l’iscrizione ad un regime specifico che, con le recenti modifiche, ha assunto un profilo pensionistico più deciso e pertanto sembrerebbe evidente l’esclusione dal beneficio".

"Lo stesso criterio dovrebbe valere per i consiglieri regionali, mentre negli altri casi andrebbe valutata la posizione professionale e previdenziale del soggetto. Per quanto riguarda i liberi professionisti la norma è esplicita: 'L’indennità non concerne i liberi professionisti iscritti ad altre gestioni pensionistiche obbligatorie'’".

E su chi avrebbe incassato il bonus per girarlo subito in beneficenza, Cazzola osserva: "Un consigliere, con un elevato reddito, va in giro nei talk show a dichiarare di aver presentato la domanda apposta per dimostrare che la prestazione era concessa anche a chi non ne aveva bisogno perché benestante anche in tempi di lockdown. Forse avrebbe avuto più effetto una denuncia fatta nel momento stesso in cui riceveva l’assegno".

E su come la vicenda è stata raccontata spiega: "E’ talmente gratificante farne una questione di malcostume politico che nessuno si premura di considerare se veramente le norme consentissero, ai parlamentari e agli altri (2mila?) 'politici’, coinvolti nell’affaire 600 euro, di presentare la domanda ed incassare l’una tantum, nel marzo scorso. Anzi, il caso viene presentato sui media come legittimo, ma profondamente immorale, senza porsi il problema del perché in uno stato di diritto il principio della legalità dovrebbe essere in contrasto con i valori dell’etica".

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