Teheran, 12 giu. - (Adnkronos/Aki) - Un'atmosfera anomala accompagna l'esordio dell'Iran ai mondiali. Per le vie di Teheran, una metropoli da 12 milioni di abitanti, non ci sono segnali dell'imminente inizio del torneo. Mancano le bandiere sui balconi dei palazzoni periferici, nessuna traccia della nazionale nei titoli dei tg, anche nei ristoranti, un tempo covi di ultras, latitano le consuete decorazioni con i colori della Repubblica islamica. Niente lascia immaginare che lunedi' i ragazzi di mister Carlos Queiroz saranno impegnati nella difficile partita con la Nigeria, ritenuta decisiva dal mister portoghese per il passaggio del turno.
Eppure questa e' una citta' dove solo l'anno scorso milioni di persone si sono riversate in strada per festeggiare la vittoria sulla Corea del Sud che ha dato la qualificazione alla Coppa del Mondo e il calcio, anche quello italiano, e' seguitissimo, a livelli quasi maniacali. Dove e' finito allora l'entusiasmo dei tifosi? Per rispondere alla domanda bisogna partire dalla testa del paese. Il governo teme da sempre che i raduni possano sfociare in manifestazioni politiche, dove i tifosi si lascino andare a liberi sfoghi contro i loro governanti.
Per evitare rischi inutili, le autorita' hanno deciso di vietare i maxi-schermi. Nei cinema, dove in genere si mostrano le partite della nazionale in occasione dei mondiali - scrive il New York Times - la polizia ha stabilito che uomini e donne non potranno mescolarsi per "rispetto della morale islamica". Inoltre, ai proprietari di ristoranti e caffe' il ministero della Guida islamica ha fatto sapere che non sara' gradita l'esposizione del tricolore iraniano o di bandiere di altri paesi. "Nessuno e' eccitato. E' come se fossimo paralizzati", spiega Arman Hosseinabadi, un ragioniere di 30 anni. (segue)
