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Brasile al bivio, voto di ballottaggio tra Rousseff e Neves

26 ottobre 2014 | 14.30
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Oggi 143 milioni di elettori sono chiamati alle urne per scegliere chi sarà il prossimo presidente del gigante sudamericano tra la presidente uscente e il suo sfidante. La presidente in rosso ha già votato a Porto Alegre

Dilma Rousseff (Xinhua)
Dilma Rousseff (Xinhua)

Seggi aperti oggi in Brasile dove 143 milioni di elettori sono chiamati alle urne per scegliere chi sarà il prossimo presidente del gigante sudamericano tra la presidente uscente Dilma Rousseff e il suo sfidante, il senatore Aecio Neves . I sondaggi per il ballottaggio assegnano la vittoria alla Rousseff ma rimangono ancora molti indecisi e la sensazione è che la vittoria si conquisterà voto per voto.

La presidente uscente arrivata in testa al primo turno del 5 ottobre con il 41,9%, ha già votato questa mattina nel suo seggio in una scuola della città di Porto Alegre, sorridente e fiduciosae con indosso un abito rosso. La Rousseff porta in dote i considerevoli risultati raggiunti in questi ultimi 12 anni dal partito dei Lavoratori (Pt) al potere, prima con i due mandati di Lula e poi con il suo. Non si tratta di cose da poco: secondo i dati diffusi in settembre dall'Onu la povertà estrema si è ridotta del 75% e il livello di denutrizione si è dimezzato grazie al programma Beca Familia, di cui beneficiano 56 milioni di persone. Il tasso di disoccupazione ha inoltre toccato il minimo storico del 5% e sono stati creati 21 milioni di posti di lavoro.

Il ballottaggio in Brasile è seguito con grande attenzione dai Paesi della regione perché la vittoria di Neves segnerebbe un chiaro cambiamento in politica estera. Da quando il Partito dei Lavoratori è salito al potere con Inacio Lula nel 2003, il Brasile ha dato priorità assoluta all'integrazione regionale con i paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela) e ai rapporti con il gruppo dei paesi emergenti Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). A questa scelta si è aggiunto il raffreddamento dei rapporti con gli Stati Uniti, specie dopo che, nell'ambito delle rivelazioni di Edward Snowden, si è scoperto che gli Stati Uniti intercettavano le telefonate della Rousseff.

Il socialdemocratico Neves non fa mistero di voler cambiare completamente rotta, avvicinandosi ad un'altra organizzazione regionale, l'Alleanza del Pacifico, di cui fanno parte Cile, Colombia, Messico e Perù. Quest'ultima è nata dopo che nel 2005 Venezuela, Brasile e Argentina hanno affossato il progetto di Washington per un patto di libero scambio nel continente. I membri dell'Alleanza del Pacifico hanno da allora negoziato trattati di libero scambio con gli Stati Uniti e si stanno aprendo verso l'Asia. Neves ha inoltre avvertito di voler "rivedere" i rapporti con i paesi che producono droga, primo fra tutti la Bolivia del governo Morales, accusato di "connivenza" con i produttori di foglie di coca.

Il responsabile per la politica estera del partito Psdb di Neves, l'ex ambasciatore a Washington Rubens Barbosa, accusa l'attuale governo di aver adottato una politica estera che privilegia l'ideologia rispetto agli interessi nazionali. Un esempio di questa scelta, spiega, è la "pazienza" verso le misure protezioniste adottate dall'Argentina malgrado siano contrarie agli interessi delle industrie brasiliane". Noi, afferma Barbosa, vogliamo invece "una politica estera pragmatica e di risultati". E' probabile, ritengono gli analisti, che un eventuale governo Neves voglia estendere i rapporti con Unione Europea e Stati Uniti.

Secondo il commentatore Clovis Rossi, del quotidiano Folha de Sao Paulo, la possibilità che la Roussef venga sconfitta provoca "un certo nervosismo" fra i governi più protagonisti dell'Unasur, come Bolivia e Venezuela. "Sono preoccupato che la destra possa arrivare democraticamente al potere", ha detto chiaramente il presidente boliviano Evo Morales. Il politologo Roberto Mangabeira Unger , ex ministro della segreteria per gli Affari strategici di Lula, accusa intanto Neves di voler fare un politica estera troppo legata ai semplici interessi commerciali. La Rousseff, sottolinea, lavora invece per "unire il Sudamerica".

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