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Brexit, svolta di May e Corbyn

26 febbraio 2019 | 13.10
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Per evitare il no deal la premier punta a proroga dell'Articolo 50, il leader laburista a un nuovo referendum

(Afp) - AFP
(Afp) - AFP

Divisi su tutto, Theresa May e Jeremy Corbyn nelle ultime ore sembrano aver trovato un punto d'incontro: evitare a tutti i costi il 'no deal'. Pur con strategie diverse, accomunate però dalla necessità di non spaccare ulteriormente i rispettivi partiti, la premier e il leader del Labour sono pronti a smentire quanto rispettivamente sostenuto fino a ieri, per fermare l'orologio della Brexit che continua a scorrere inesorabile verso la data del 29 marzo. Secondo le anticipazioni della stampa britannica, la May nella riunione di governo di stamani si dirà disponibile a un rinvio della Brexit.

Dopo avere insistito fino all'ultimo che Londra uscirà comunque dalla Ue il 29 marzo, sia che si riesca a ratificare un accordo entro quella data sia che non ci si riesca, la premier offrirà al Parlamento la possibilità di escludere definitivamente l'opzione 'no deal'. La strategia della premier punta innanzitutto a sottoporre al voto dei Comuni, entro il 12 marzo, il nuovo accordo rinegoziato con Bruxelles.

In sostanza, lo stesso testo sul quale si chiuse la trattativa lo scorso novembre, corredato però da una serie di nuove precisazioni relative al backstop, il meccanismo ideato per mantenere aperto il confine irlandese. Londra - e la Ue dovrebbe concederlo - chiede che il backstop non tenga legato per un tempo indefinito il Regno Unito all'unione doganale europea.

Se anche questo nuovo accordo dovesse essere bocciato dai Comuni, allora la premier chiederà al Parlamento di esprimersi sulla possibilità di procedere con la Brexit anche senza un accordo con la Ue, oppure di votare a favore di una "breve proroga" dell'Articolo 50. Si tratta di un'ipotesi accolta positivamente dai mercati, come dimostra l'impennata della sterlina registrata dopo le anticipazioni dei media.

Per portare avanti questo piano, che se confermato verrà esposto oggi ai Comuni, la May dovrà affrontare l'ira degli euroscettici dell'European Research Group. Sono i Brexiteer duri e puri del suo partito, rappresentati anche all'interno del governo, decisi ad un'uscita dalla Ue senza accordo, ostinatamente convinti dei vantaggi economici che ne deriverebbero.

Ma la mozione per la proroga dell'articolo 50 potrebbe trovare il voto favorevole delle opposizioni, Labour in testa, che più volte hanno chiesto alla premier di escludere il 'no deal' dal novero delle possibili soluzioni per la Brexit. Corbyn gioca però anche la sua partita, con due mozioni annunciate nella serata di ieri. La prima, punta a blindare la Brexit con una serie di 'paletti' che vanno dall'adesione all'unione doganale e al mercato unico, all'allineamento costante della legislazione britannica a quella europea, in tema di diritti del lavoro e tutela dell'ambiente.

La seconda mozione che il Labour è pronto a presentare ai Comuni riguarda la possibilità di indire un secondo referendum sull'uscita dalla Ue, "per evitare la Brexit dannosa dei conservatori". Il leader laburista, che finora si era sempre opposto all'ipotesi di un nuovo referendum, secondo diversi osservatori potrebbe essersi deciso alla svolta non per convinzione, ma per mettere a tacere l'ala pro Ue del suo partito ed evitare nuove defezioni, come quelle della scorsa settimana.

Quale che sia il motivo, restano da verificare in Parlamento i voti favorevoli ad una nuova consultazione. Corbyn è consapevole che diversi deputati del suo partito sono stati eletti in collegi dove nel referendum del 2016 il 'Leave' ottenne la maggioranza. E in un sistema uninominale maggioritario, la sintonia tra eletti ed elettori è fondamentale per la rielezione. Così come resta da verificare nel Paese se, di fronte alle difficoltà del negoziato con Bruxelles e alle incognite ormai evidenti per l'economia britannica conseguenti all'uscita dalla Ue, non prevalga comunque tra gli elettori una maggioranza per la Brexit.

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