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Call center, sciopero per migliori condizioni di lavoro. A Roma in corso un corteo

04 giugno 2014 | 11.06
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Chiedono un rilancio del settore e una nuova regolamentazione, che preveda l’abolizione delle gare al massimo ribasso, che spesso non coprono il costo dei salari, favorendo irregolarità e pratiche lavorative in nero. Camusso: “Attenzione alle regole, non si può lasciare tutto alla logica di mercato” (FOTO)

Foto Adnkronos
Foto Adnkronos

Basta precariato all’infinito e prestazioni sottopagate. Settemila lavoratori dei call center sono scesi in piazza a Roma per chiedere il miglioramento delle condizioni di lavoro. Il dato dell’adesione allo sciopero, dice Riccardo Saccone, coordinatore nazionale delle tlc di Slc Cgil, “va oltre le migliori previsioni: da Almaviva a Call&Call, da Teleperformance a Comdata si registrano percentuali di partecipazione dell’ 87% con punte del 98% e interi servizi di assistenza bloccati”.

Ognuno con la propria storia, i lavoratori dei call center sono accomunati dallo stesso percorso: quello che era cominciato come un ‘lavoretto’ da studente per guadagnare qualche euro si è poi trasformato in uno fisso con cui molti hanno cercato di mettere su famiglia e comprare una casa. Quello che emerge parlando con i manifestanti è che non c’è un vero e proprio salario minimo. Ci sono i ragazzi, gli ultimi assunti, che vengono ‘sfruttati’ a 200-300 euro al mese, lavorando ogni giorno. Ci sono poi quelli più fortunati che riescono a strappare un contratto a progetto e circa 600 euro al mese, ma devono vivere con l’angoscia del rinnovo. Non tutti infatti vengono confermati e spesso il rinnovo arriva ogni 2-3 mesi, “in rarissimi e fortunati casi ogni sei mesi” racconta Rosa, lavoratrice da tre anni in un call center di Torino.

Ci sono poi i veterani dei call center come alcuni uomini e donne che lavorano da dodici o tredici anni presso Almaviva Contact a Palermo. Loro sono riusciti a ottenere un contratto a tempo indeterminato con tutte le garanzie che ne conseguono. Ma un contratto a tempo indeterminato, racconta Manuela di 25 anni di Roma, ormai è diventato utopia per tutti quei giovani che oggi durante la crisi cercano nei call center un modo per guadagnare un piccolo stipendio. Anche per quei pochi fortunati sono comunque tempi durissimi. Rosario, lavoratore di Almaviva Contact di Palermo, dice che adesso anche loro sono in difficoltà: “Attualmente siamo con il contratto di solidarietà, che vuol dire che perdiamo circa una settimana di lavoro ogni mese”. I lavoratori puntano il dito contro le delocalizzazioni, il dumping e le gare al massimo ribasso. “Non siamo più ragazzi come quando abbiamo cominciato - prosegue Rosario - ma abbiamo messo su famiglia e fatto mutui. Ora chiediamo che il governo intervenga sulla normativa del settore e ci dia un po’ di stabilità e ridare dignità a noi e al nostro lavoro”.

Nel settore, in cui lavorano circa 80mila addetti, molto spesso società straniere vengono infatti scelte al posto di quelle italiane per via dei costi più bassi. Lavoratori e sindacati chiedono un rilancio del settore e una nuova regolamentazione, che preveda l’abolizione delle gare al massimo ribasso che spesso non coprono il costo dei salari, favorendo irregolarità e pratiche lavorative in nero. Diffusa, inoltre, è la pratica di molte imprese di appaltare i servizi di call center a società straniere per abbattere i costi.

Per cambiare il Paese bisogna partire dai lavoratori, non da chi lo ha rovinato. A dirlo è il segretario della Cgil, Susanna Camusso nel corso del suo intervento dal palco del corteo al corteo dei lavoratori dei call center. “Le condizioni di lavoro peggiorano quando non si fa attenzione alle regole che si propongono e si lascia decidere alla pura logica di mercato cosa succederà dei lavoratori”. “Si può esternalizzare - prosegue - ma bisogna dire che c’è una regola e non può essere fatto sulla pelle dei lavoratori. Non si può fare solo per pagare di meno, anche perché pagare di meno non garantisce l’efficienza”.

“Governo si dia una mossa e sostenga i giovani che sono la stragrande maggioranza dei lavoratori dei call center” dice Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl che chiede all’esecutivo di dimostrare con i fatti la tanto ribadita vicinanza ai giovani. “Questo è il momento per farlo e per aiutare anche il Mezzogiorno, dato che molti di questi lavoratori sono del Sud’’.

Su Twitter interviene poi la presidente della Camera, Laura Boldrini auspicando un “impegno di tutti per recepire le direttive Ue sugli appalti”.

Lo sciopero e la manifestazione sono state organizzate dalle sigle sindacali Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil per chiedere il miglioramento delle condizioni di lavoro per gli operatori del settore.

“Questi ex ragazzi, questi lavoratori meritano una risposta perché in Europa quello che succede in Italia non capita - dice all’Adnkronos Michele Azzola, segretario generale Slc-Cgil - .Crediamo che il governo debba intervenire prontamente sulla normativa dei cambi d’appalto per dare sicurezza e garanzia ai lavoratori”. Il segretario spiega che “negli altri Paesi europei dal 2001 quando un’azienda decide di fare un cambio d’appalto, cioè cambiare il fornitore di servizi, le leggi impongono a chi vince di riassumere i lavoratori con le stesse garanzie di prima”.

Quella dei call center, spiega il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella, “è prima di tutto una battaglia di civiltà che può insegnare a molti, in primis al presidente del Consiglio Matteo Renzi, che cosa può succedere quando si fanno scommesse al ribasso sul lavoro e sull’industria”.

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