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Cannabis light, "lo stop è un paragosso per agricoltori"

17 dicembre 2019 | 19.41
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Coltivano canapa ma non possono vendere i fiori perché non fissati limiti di Thc

(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Lo stralcio della norma che apriva alla commercializzazione della cosiddetta cannabis light dal ddl Bilancio "crea un problema molto serio e il paradosso è che gli agricoltori possono coltivare canapa legale con un limite di Thc dallo 0,2% allo 0,6% ma non possono commercializzare il fiore per l’assenza di una norma legislativa che fissi i limiti di Thc". Ad affermarlo all'Adnkronos è il presidente di Cia-Agricoltori Italiani.

"E questo la dice lunga sulle incongruenze delle decisioni della politica rispetto alle esigenze della produzione" prosegue Scanavino spiegando come "per quanto riguarda le cime fiorite della pianta, l’emendamento permetteva di colmare un vuoto normativo provvedendo a chiarire la piena liceità della filiera agroindustriale quali il conferimento della biomassa contenente tutta la parte della pianta alle attività industriali e manifatturiere con una indicazione certa e definitiva del limite di Thc allo 0,5%".

Di qui l'appello del presidente della Cia alla politica. "Il Parlamento porti chiarezza per un settore che negli ultimi anni ha visto un rilancio importante della produzione a partire dai giovani agricoltori. Oggi chi produce ha delle regole e chi trasforma non le ha...lo Stato è inadempiente".

"Noi non abbiamo mai chiesto di coltivare canapa - spiega - ma il mercato ha posto le condizioni perché questa potesse diventare una coltura che in rotazione poteva dare reddito, lo ha dato e bisogna dire che anche da un punto di vista ambientale dà una serie di vantaggi. Si sono avvicinate aziende farmaceutiche, tessili, cosmetiche e industrie che producono materiali per la bioedilizia. Non ci interessa produrre droga nel mondo ma fare le cose nel pieno della legalità".

La pianta di canapa rappresenta parte dell’importante patrimonio storico agricolo del nostro paese, - ricorda la Cia - fino al 1940 l'Italia con 110.000 ettari era il secondo Paese al mondo per ettari coltivati di canapa dietro solo l’Unione Sovietica. Per diversi motivi quali la convenzione internazionale sugli stupefacenti ma soprattutto per le crisi di mercato a seguito di produzioni più interessanti per gli agricoltori come l’ortofrutta, la vite, la barbabietola da zucchero, per molti anni la canapa di fatto è sparita dalle nostre campagne.

A seguito della legge 242 del 2016 approvata senza alcun voto contrario, gli agricoltori in un contesto normativo più chiaro hanno ricominciato a coltivare canapa con grande attenzione. Una coltura importante per l’ambiente grazie alle rotazioni agronomiche, la cattura di C02, la fitodepurazione di metalli pesanti sul terreni inquinati e molto interessante per percorsi innovativi di economia circolare come la bioedilizia, le bioplastiche.

Interessanti poi dal punto di vista di mercato l’aspetto del verde ornamentale per il vivaismo fino all’interesse alimentare con la spremitura di semi per farine e oli ricchi di omega 3 e privi di glutine. Da segnalare anche il percorso avviato attraverso gli agritessuti con l’attenzione di ecostiliste particolarmente apprezzate nel campo della moda in campo nazionale e internazionale.

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