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INTERVISTA

Carlo Petrini: “Nella primavera 2023 un convegno dedicato ai giovani produttori di Langa”

02 agosto 2022 | 08.46
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Il fondatore di Slow Food vuole “richiamare all’ordine” i viticoltori langaroli Under 30: “più terra, meno marketing”

Carlo Petrini: “Nella primavera 2023 un convegno dedicato ai giovani produttori di Langa”

Ufficialmente dimissionario dalla presidenza di Slow Food da poche settimane, Carlo Petrini continua a prendere treni ed andare su e giù per l’Italia. Partecipa a convegni, a dibattiti, a incontri soprattutto con i più giovani. Intervistarlo non è complicato, ma bisogna farsi bastare quel tempo che c’è tra un cambio e un altro, nel nostro caso in attesa a Bologna aspettando un treno per Venezia. Dopo 32 anni il nuovo presidente si chiama Edward Mukiibi, ha meno di 40 anni, è ugandese ed è un ex studente di Pollenzo, un agronomo che ha il compito di porre al centro una questione in particolare, il ruolo del cibo come responsabile principale del disastro ambientale. Impossibile pensare che le consultazioni tra Petrini e Mukiibi non continuino a essere serrate.

Iniziamo da una battuta signor Petrini: da ex presidente sfuma del tutto l’idea del Nobel che da anni dicono di volerle dare?

(Ride) Guardi non solo non me ne importa niente, ma è molto meglio farne a meno. Di certo sto bene anche senza.

Se le chiedessi tre momenti-chiave che hanno fatto la differenza in queste tre decadi di presidenza, quali sceglierebbe?

Senza dubbio l’anno 2004, con la nascita della rete di Terra Madre, con l’allargamento dei paesi coinvolti nell’associazione (diventata ufficialmente una Fondazione nelle settimane scorse, ndr). Nell’occasione di quel salone passammo da 40 paesi a 150. È anche l’anno della nascita dell’Università di Scienze Gastronomiche a Pollenzo con un corpus studentesco proveniente da 80 paesi diversi nel mondo. Poi ricordo l’emozione della prima volta davanti a cinquemila delegati. In quell’occasione c’era anche il principe Carlo ad ascoltarmi. Se vengo ai giorni nostri le rispondo che è stata una sorpresa vedere come la rete dell’associazione ha retto all’onda d’urto del Covid. Non era scontata come cosa e il pericolo che molto lavoro andasse perso per l’impossibilità di incontrarsi c’era. Invece la solidarietà ha retto e penso alle comunità dell’America Latina e in particolare a quelle brasiliane e di come hanno contrastato attivamente le politiche scellerate del presidente Bolsonaro contro i contadini, l’agricoltura e la sopravvivenza dell’Amazzonia. Ma in generale sono stati anni incredibili per tutta l’umanità che ho trovato nelle comunità conosciute. Ecco il concetto di biodiversità più autentico, che è sociale ancor prima che ambientale e il nuovo presidente di Slow Food ne è un esempio.

E l’impegno di Slow Food e anche il suo a breve qual è?

Dobbiamo continuare a occuparci di biodiversità, di difesa dei presidi (prodotti e pratiche difesi contro il rischio estinzione, ndr) che poi vuol dire occuparsi di economia sana. Avere a cuore la causa ambientale, nei confronti della quale invece noto un’indifferenza sconcertante da parte della classe politica globale. Siamo dinanzi all’anticamera del disastro eppure nessun governante agisce con responsabilità. Tocca quindi alla società civile, a noi assumere questa responsabilità. Ecco perché seguo i più giovani ed è importante confrontarsi con loro. Non a caso sono reduce da un incontro con i ragazzi di Fridays for Future. Il messaggio principale che deve passare è “essere soggetti attivi del cambiamento”.

Agire attivamente per il cambiamento: qualche pratica da mettere in atto urgentemente secondo lei?

Così di getto le dico subito ridurre il consumo di carne, ridurre fino a eliminare la plastica monouso. In generale lottare contro lo spreco alimentare. Buttiamo il 33 per cento del cibo oggi giorno. Fare meno acquisti e consumare tutto quello che compriamo.

Veniamo al vino. Lei è uomo di Langa, adora il vino e il suo mondo. Non trova che il settore vitivinicolo abbia perso un po’ della sua autenticità?

La coscienza agricola ha un po’ abbandonato il mondo del vino, così come le connessioni con la terra si sono allentate. Sempre più manodopera straniera si occupa delle vigne, mentre i giovani produttori si dedicano al marketing e alla commercializzazione, ma devono fare attenzione perché il vino senza il rapporto con il territorio e la geografia non esiste. La Langa è un perfetto esempio di ciò che dico. Ecco perché stiamo organizzando per il prossimo anno un evento che vuole coinvolgere i giovani di Langa e Roero. Probabilmente sarà a Pollenzo e lo stiamo pensando proprio in questi giorni. C’è l’esigenza di trasmettere agli Under 30 di queste zone la storia e la conoscenza di quella che è stata la Langa in passato, perché sono eredità e cognizioni che vanno smarrendosi. E poi si discuterà dell’eccesso di monocoltura in zona, di nuovi metodi di coltivazione, di tecniche produttive. Quando penso alla Langa mi viene sempre in mente una battuta del mio amico viticoltore Bartolo Mascarello, il quale diceva che all’entrata di Barolo bisognava mettere un cartello con su scritto: “Zona colpita da improvviso benessere”.
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