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16 maggio 2014 | 17.23
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Piazza Cavour nelle motivazioni con le quali spiega il perché del proscioglimento accordato a Nicolò Pollari, ex capo del servizio segreto militare, e Marco Mancini nell’ambito del sequestro dell’ex imam

Nicolò Pollari (Foto Infophoto) - INFOPHOTO
Nicolò Pollari (Foto Infophoto) - INFOPHOTO

E’ calato “il nero sipario del segreto” sulla vicenda legata al sequestro dell’ex imam Abu Omar . La Cassazione, pur prendendo “istituzionalmente atto” della decisione della Consulta che aveva accolto i ricorsi sul segreto di Stato presentati dal governo nei conflitti di attribuzione verso la Cassazione e la Corte d’Appello di Milano, non rinuncia a dire la sua - criticamente - sulle conseguenze determinate dall’apposizione del segreto di Stato. Lo fa nelle motivazioni, depositate oggi con la sentenza 20447 della Prima sezione penale, con le quali spiega il perché del proscioglimento accordato a Nicolò Pollari, ex capo del servizio segreto militare, e Marco Mancini, all’epoca numero tre sei servizi, nell’ambito del sequestro dell’ex imam.

“Per anni le autorità competenti - scrive il relatore Umberto Zampetti - non avevano abbassato il nero sipario del segreto, pur consapevoli che imputati e testi, appartenenti ai Servizi, stavano riferendo sui fatti”. Poco prima la Suprema Corte ha dovuto precisare che la decisione presa è “profondamente incisa e radicalmente contrassegnata dalla pronuncia della Corte Costituzionale - di cui occorre costituzionalmente prendere atto - fino a porsi quale effetto consequenziale, diretto e costituzionalmente ineludibile, della stessa”.

La Cassazione, dunque, prende atto della sentenza 24 della Consulta e la definisce “decisamente innovativa, sia nel panorama generale della giurisprudenza della Consulta, in relazione ai precedenti in materia, in quanto - come è saltato con evidenza agli occhi di ogni lettore - sembra abbattere alla radice la possibilità stessa di una verifica di legittimità, continenza e ragionevolezza dell’esercizio del potere di segretazione in capo alla competente autorità amministrativa, con compressione del dovere di accertamento dei reati da parte dell’autorità giudiziaria che inevitabilmente finisce per essere rimessa alla discrezionalità dell’autorità politica - il che non può non indurre ampie e profonde riflessioni che vanno al di là del caso singolo - , sia nella concreta incidenza nel presente procedimento, posto che esso si era mosso finora proprio e fedelmente sulla strada tracciata dalle precedenti pronunce, di diverso segno, emesse dalla Corte Costituzionale”.

La decisione ha riguardato anche le posizioni dei tre ex agenti Raffaele Di Troia, Luciano Di Gregori e Giuseppe Ciorra.

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