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Caso Charlie, cos'è la deplezione del Dna mitocondriale

30 giugno 2017 | 17.50
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(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Si chiama deplezione del Dna mitocondriale, patologia ultra rara che causa un progressivo e inarrestabile indebolimento di muscoli e nervi. Per alcune forme sono pochissimi i casi noti in tutto il mondo. Tra questi quello del piccolo Charlie, il bimbo inglese di 10 mesi su cui si è pronunciata la Corte europea dei diritti dell'uomo, respingendo la richiesta dei genitori del piccolo di sottoporlo a una procedura sperimentale negli Stati Uniti, mai testata sull'uomo. La sua malattia è stata osservata, al mondo, solo in 16 casi.

"Si tratta di una malattia genetica, di cui i genitori del piccolo Charlie sono portatori sani", spiega all'AdnKronos Salute Giuseppe Novelli, genetista e rettore dell'università Tor Vergata di Roma. La patologia, continua l'esperto, "colpisce i mitocondri, le centraline energetiche della cellula. In pratica è come se, in una città, tutti i generatori di energia cominciassero progressivamente a deteriorarsi e a rompersi". Nell'organismo "i primi ad essere colpiti sono i tessuti e gli organi che hanno maggiore necessità di energia, muscoli e nervi. Così, inesorabilmente, gli organi smettono di funzionare, 'spegnendosi' come in un domino".

La malattia di Charlie, sottolinea Novelli, "è solo una delle moltissime forme di malfunzionamento dei mitocondri, patologie differenti legate a cause genetiche diverse". E non esistono terapie. "L'unica forma di intervento, tra l'altro molto recente, è preventiva. Può essere attuata per evitare la malattia per un secondo figlio, ad esempio. Parliamo della tecnica embrionale di sostituzione mitocondriale. In questo caso, con tecniche di fecondazione assistita, si fa la diagnosi preimpianto dell'embrione nel quale si sostituiscono i mitocondri malfunzionanti. E' una tecnica possibile in Inghilterra e Usa, dove è consentita la manipolazione genetica dell'embrione", ricorda lo specialista. Non ci sono invece, al momento, "terapie documentate e validate dopo la nascita".

Per una delle diverse forme di malattia mitocondriale, spiega ancora Novelli, "esiste una sperimentazione fatta in vitro e sui topi. Si chiama sostituzione nucleotidica. Con questa tecnica vengono arricchite le cellule con un cocktail di nucleotidi, elementi chimici necessari alla costruzione del Dna. Nessuno però ha mai validato questa terapia. Non ci sono evidenze che funzioni sull'uomo, tanto più per il tipo di sindrome da cui è affetto il piccolo Charlie, per la quale il sistema non è stato provato nemmeno in vitro".

Per il genetista, "l'unica risposa a questi drammi è puntare sulla ricerca. Servono più risorse per conoscere meglio i meccanismi di queste malattie, che oggi non sono del tutto chiari. E servono persone che si dedichino alle ricerche sulle malattie rare su cui, in passato, si investiva poco perché si pensava che ci fosse un ritorno scarso, visto il numero limitato di malati. Oggi, invece, è ormai chiaro che le conoscenze acquisite sulle malattie rare sono importantissime. Non dobbiamo dimenticare che, in molti casi, una volta scoperta la causa e la cura per una malattia rara abbiamo avuto a disposizione strumenti e conoscenze in grado di far progredire anche le cure per malattie più comuni e diffuse".

A completare il paradosso dei mancati investimenti, conclude Novelli, "è il fatto che oggi abbiamo molti strumenti di analisi genetica per capire a fondo la natura di queste malattie e studiare le possibili terapie".

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