Amanda e il suo corpo "non dimenticano". A un anno dall'anniversario della sua assoluzione dall'accusa di omicidio di Meredith Kercher, la giovane americana scrive, nella rubrica che tiene sul West Seattle Herald, di quanto "la memoria possa essere viscerale", del peso e degli altri sintomi fisici che prova in occasione di questa ricorrenza, del ricordo del momento in cui era stata pronunciata la sentenza della Cassazione. Di come non sia legato al contenuto della sentenza a lei favorevole, ma alla distruzione del suo diario da parte di una compagna di cella problematica.
"Non avevo molto, ma avevo questo diario...una estensione del mio io, da cui così tanto era già stato sottratto". "La sua azione mi appare come quello che ho subito da parte del sistema della giustizia. Il mio diario era la mia libertà. Bernadette (il nome di fantasia che sceglie per identificare la compagna di cella, ndr) non era necessariamente negativa, ma si sbagliava. Motivata dall'autoconservazione e dalla paranoia, ha punito e distrutto per niente".