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Caso Siri spacca il governo

18 aprile 2019 | 13.28
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M5S per le dimissioni, Salvini lo blinda

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Scoppia il caso Siri e si spacca il governo gialloverde. La notizia del sottosegretario leghista alle Infrastrutture Armando Siri, salviniano doc, indagato dalla procura di Roma per corruzione, piomba sulla maggioranza come un macigno di primo mattino. A via Bellerio scatta l'allarme e corrono ai ripari. L'ordine di scuderia, arrivato da Matteo Salvini, raccontano all'Adnkronos, è difendere a spada tratta il suo fedelissimo, senatore e ideologo della flat tax, confermandogli la fiducia.

Da qui la decisione di fare una nota che vale come linea ufficiale del partito senza ricorrere a dichiarazioni alla spicciolata di parlamentari: ''Piena fiducia al sottosegretario Siri, nella sua correttezza. L'auspicio è che le indagini siano veloci per non lasciare nessuna ombra". A stretto giro di posta arriva la dura reazione dei vertici M5S che chiedono le dimissioni dell'esponente governativo. Luigi Di Maio è categorico: "Ho appreso i fatti venendo qui, e se i fatti fossero questi, Siri dovrebbe dimettersi". Sulla stessa linea Alessandro Di Battista: ''Ho sempre sostenuto questo Governo, lo sosterrò ancor di più se il sottosegretario Siri si dimetterà il prima possibile".

La Lega non ci sta, il 'Capitano', raccontano, sceglie di affidare al ministro e avvocato penalista Giulia Bongiorno la replica ai Cinque stelle (''stupisce il giustizialismo a intermittenza con il quale vengono valutate le diverse vicende giudiziarie a seconda dell'appartenenza del soggetto indagato a uno schieramento politico") e spiega ai suoi che interverrà lui personalmente a sostegno di Siri per blindarlo.

Non a caso, da Reggio Calabria, Salvini fa sentire la sua voce: ''Il sottosegretario della Lega che ha scoperto di essere indagato questa mattina leggendo i giornali, lo conosco come persona pulita, specchiata, integra, onesta. Quindi, mi auguro che le indagini siano veloci per accertare se altri abbiano sbagliato". "Per quello che mi riguarda - scandisce - lui può tranquillamente rimanere lì a fare il suo lavoro e dico agli amici dei 5 Stelle che non si è dimessa la Raggi che è stata indagata per due anni e quindi in Italia si è colpevoli se si viene condannati. So che do e diamo fastidio a qualcuno come Lega ma abbiamo il dovere di tenere duro, poi se qualcuno sbaglia paga, però dico agli amici dei 5 Stelle 'avete difeso la Raggi per due anni sotto inchiesta, cortesemente no a due pesi e due misure quando c'è di mezzo la vita delle persone'". Queste parole non bastano ai Cinque stelle: Danilo Toninelli, ministro delle Infrastrutture, dispone, infatti, il ritiro delle deleghe a Siri "in attesa di chiarezza".

All'ora di pranzo interviene Siri con una nota: ''Respingo categoricamente tutte le accuse''. Un'altra nota arriva dal M5S che si rivolge direttamente al leader della Lega: "Salvini dice di non aver mai chiesto le dimissioni per un indagato per corruzione M5S. Non lo ha mai fatto perché siamo immediatamente intervenuti noi con i nostri anticorpi. Ci ha pensato subito il M5S a intervenire. Oggi le chiediamo perché chi dovrebbe intervenire invece non lo fa, è molto semplice".

All'indirizzo del titolare del Viminale anche il tweet del sottosegretario M5S agli Esteri, Manlio Di Stefano, che replica: "Trovo vergognoso che #Salvini paragoni la questione #Raggi e quella #Siri dato che non si trattò mai di accuse di corruzione e tanto meno ci furono intercettazioni così eloquenti. La questione morale quando si tratta di mafia è un principio sacro. Lo crede anche la #Lega o no?" chiede Di Stefano.

Giuseppe Conte, nella conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri, fa sapere che chiederà "chiarimenti" al sottosegretario Siri, "ci confronteremo e faremo le valutazioni" circa la sua permanenza nel governo, anche se ancora siamo in una fase di avviso di garanzia e di investigazioni. "Non voglio sminuire la gravità" di quanto emerge, premette Conte, spiegando che "il contratto di governo contiene un codice etico in virtù del quale non possono svolgere l’incarico di ministri e direi anche di sottosegretari coloro che sono sotto processo per fatti gravi e la corruzione è indicata tra i fatti gravi a titolo indicativo non esaustivo". Questo però implica che si sia nella fase processuale, mentre nella vicenda che coinvolge Armando Siri "siamo nel pieno di investigazioni", anche se "questo governo ha l’obiettivo di recuperare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni" e l’articolo 54 della Costituzione "impone a tutti coloro che svolgono funzioni pubbliche di adempierle con disciplina e con onore". "Siamo di fronte ad un avviso di garanzia, non c’è un processo in senso stretto, il fatto potrebbe essere non trascurabile se comprovato. Non esprimo una valutazione in questo momento, perché come premier, come prima cosa avverto il dovere, l’urgenza e la sensibilità di parlare con Armando Siri. Chiederò quindi a lui alcuni chiarimenti - conclude Conte - mi confronterò serenamente con lui, all’esito di questo confronto valuteremo tenendo conto di tutti gli elementi che ho ricordato".

In serata Salvini interviene a 'Porta a Porta' e ribatte ai Cinque Stelle: "Non sopporto i due pesi e le due misure. Quando ci sono stati problemi con qualche ministro M5S non ho detto una parola perché siamo una squadra... Ognuno è fatto a suo modo, ognuno ha il suo galateo". "Spero che i giudici facciano bene e in fretta - aggiunge - se qualcuno in giro per l'Italia ha corrotto, che venga incarcerato. Non vedo Siri cosa c'entri col mondo che gli viene avvicinato. Se la stregua delle dimissioni è la voce, me lo provi e mi dimetto. Se ci dimettiamo per le voci, per una cosa che non è stata fatta, mi sembra un po' pochino...". Salvini commenta anche la decisione del titolare del Mit di ritirare le deleghe al sottosegretario: "Con tutti i cantieri da riaprire in Italia, Toninelli avrebbe bisogno di qualcuno che lo aiuti a fare il suo lavoro". "Ho due sottosegretari M5S che lavorano bene, se fossero indagati - sottolinea - mai mi sognerei di togliere loro le deleghe".

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