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Caso Uva, Cassazione: "Nessun riscontro violenze fisiche"

13 febbraio 2020 | 16.18
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Le motivazioni della sentenza di assoluzione per sei poliziotti e due carabinieri. Il legale della famiglia: "Ci rivolgeremo a Corte europea dei diritti dell'uomo"

(Foto Fotogramma/Ipa)
(Foto Fotogramma/Ipa)

"Anche volendo ammettere che Giuseppe Uva disse forse di essere stato percosso (senza dire da chi, ma preannunciando intenti vendicativi) o che urlò ‘assassini mi avete picchiato’ fatto sta che di quelle violenze fisiche non vi fu alcun riscontro". E' quanto scrivono i giudici della V sezione penale della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 8 luglio hanno confermato l’assoluzione di sei poliziotti e due carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona per la morte dell’operaio di Varese, deceduto a giugno 2008 in ospedale, dopo aver trascorso la notte nella caserma dei carabinieri.

"Nel caso di specie non vi fu alcuna violenza gratuita - sottolineano i giudici di piazza Cavour- se è vero che si rese necessario bloccare fisicamente Uva senza che poi risultassero visibili segni di sorta riconducibili ad afferramenti o immobilizzazioni".

"Non entro nel merito delle motivazioni della Cassazione, perché non le ho ancora lette. Trovo però una cosa allucinante e vergognosa che abbiamo dovuto aspettare 7 mesi per riceverle. Per il caso Magherini, come per tanti altri, ci hanno messo 90 giorni". Così la sorella di Giuseppe Uva, Lucia Uva, interpellata dall'Adnkronos.

"Non ho ancora letto le motivazioni, ma commento solo il fatto che la Cassazione ci ha messo da luglio ad oggi a depositare le motivazioni. Adesso ci rivolgeremo a Strasburgo alla Corte europea dei diritti dell'uomo", fa eco il legale della famiglia Uva, Fabio Ambrosetti.

"Ho letto le motivazioni della Cassazione con estrema gioia perché i giudici hanno espresso ciò che realmente è successo. Le motivazioni lo dicono chiaramente: non c'è mai stata violenza nei confronti di Giuseppe Uva, lo dicevano anche le autopsie. Quattro pubblici ministeri di seguito hanno sempre chiesto il non luogo a procedere. Noi lo dicevamo da 12 anni e per 12 anni siamo stati sotto torchio in un processo solo mediatico. Certo è che questi 12 anni non ce li ridarà indietro nessuno e nessuno ci ripagherà, non dico a livello economico ma a livello della nostra dignità personale che è stata disintegrata e buttata nel burrone. Comunque andiamo avanti, adesso è passata". Così Luigi Empirio, il poliziotto assolto insieme con cinque colleghi e due carabinieri all'Adnkronos. "La verità era scritta fin dal primo momento nella roccia - dice il poliziotto - Purtroppo ancora una volta durante questi anni abbiamo vissuto gli attacchi del partito dell'antipolizia ma noi prima di essere poliziotti siamo uomini, padri di famiglia e anche i nostri figli hanno subito tutto questo. Mi hanno letteralmente distrutto la vita anche a livello di carriera".

"Io sono voluto andare via da Varese, sono voluto venire nella mia terra, a Brindisi, e qui ho trovato un'amministrazione della pubblica sicurezza di alto livello, mi hanno accolto come un figlio - aggiunge Empirio - Non ho perso lo spirito e la voglia di fare il mio lavoro e mi piacerebbe andare nelle scuole di polizia a raccontare la mia esperienza". "Sono fiero del mio lavoro e della mia amministrazione e ringrazio le tante persone che mi sono state accanto a cominciare da Gianni Tonelli, segretario generale del Sap, che dal primo istante quando ha letto le carte ha detto 'andiamo fino in fondo'. Tutti i periti hanno sempre certificato la stessa cosa, 136 persone sono state ascoltate e alla fine la verità ha trionfato".

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