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Caso Yara: criminologo, uccisa altrove e da più persone

29 ottobre 2014 | 19.30
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Parla Ezio Denti che affianca la difesa di Bossetti da quasi 4 mesi in isolamento nel carcere di Bergamo, dopo il no alla scarcerazione deciso pochi giorni fa dai giudici del Tribunale della Libertà di Brescia

Yara Gambirasio
Yara Gambirasio

Yara Gambirasio è stata uccisa non nel campo di Chignolo d'Isola dove è stata trovata senza vita il 26 febbraio 2011 e a infierire sul suo corpo è stata più di una persona. E' questo il nuovo scenario sulla morte della 13enne di Brembate di Sopra offerto dal criminologo investigativo Ezio Denti che, di recente, è entrato a far parte del pool difensivo di Massimo Giuseppe Bossetti in carcere a Bergamo dal 16 giugno scorso per l'omicidio della giovane ginnasta.

Per Denti sono "molti e forti gli elementi di cui ancora non si è avuto riscontro", dagli atti, "oltre al Dna, non ci sono evidenze tali da avvalorarne la responsabilità, mentre sussistono numerosi elementi non ancora presi in seria considerazione". In primis, l'omicidio si sarebbe consumato in un luogo diverso da quello del ritrovamento. "Come avrebbe potuto da solo rapirla, spogliarla, aggredirla, rivestirla, occultarne il corpo per poi andarlo a riprendere, trasportarlo e abbandonarlo in un luogo così accessibile e aperto? Non ci sarebbe nemmeno la corrispondenza temporale", si chiede il criminologo.

Dunque, se - come dimostra la presenza di Dna - Bossetti ha avuto un contatto con Yara, "è altrettanto probabile che qualcun altro sia coinvolto nell’omicidio e ancora resti nell’ombra, coperto dalla schiacciante evidenza di quella traccia genetica che resiste da mesi al centro della scena giudiziaria e mediatica".

E' un lungo elenco di elementi quelli che, secondo Ezio Denti, vanno vagliati con attenzione : L'Elicotterista - Una spiegazione connessa alla testimonianza del pilota di elicotteri Iro Rovatti che sorvolò il campo di Chignolo varie volte nei giorni della scomparsa di Yara, senza mai vederne il corpo. Volò per molte ore, sia come istruttore che come volontario della Protezione Civile. "Nonostante si sia recentemente ricostruita la scena, dimostrando che la presenza di un corpo in quel luogo non sarebbe potuta passare inosservata, la sua attenzione non fu mai catturata da nulla che facesse pensare ad una persona, tra l’altro vestita di nero e pertanto ancor più individuabile anche in presenza di neve".

Il fazzoletto - E’ emerso che, a pochi metri dal corpo di Yara, nel campo di Chignolo, si trovava un fazzoletto di carta intriso di sangue. "Quel fazzoletto può essere rimasto lì per così tanto tempo senza deteriorarsi, oppure è stato lasciato volontariamente in occasione del ritrovamento della ragazza?", si chiede Denti che ritiene l'elemento "non rilevante" ai fini dell’indagine.

L'autopsia - La relazione dell’autopsia redatta dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo dice che, presumibilmente, Yara è morta tra le 19.00 e la mezzanotte del 26 novembre 2010 e che il suo corpo non è più stato spostato; ma poi aggiunge che la stima della data della morte è difficile. Le ferite sul corpo di Yara sono nove (otto da taglio e una da punta). Dapprima descritte come superficiali, "appaiono in realtà inferte con una sconcertante efferatezza. Constano in un taglio alla gola, due ai polsi, due sulla schiena, uno a livello lombare, uno sulla parte sinistra del torace, uno sulla gamba destra e un’incisione sul cuoio capelluto. Inoltre la ragazza aveva gli zigomi fratturati", dice l'esperto. " Come si può pensare che tutto ciò sia avvenuto senza che gli indumenti si tagliassero e macchiassero di sangue? E se Yara fosse stata prima spogliata e poi rivestita, è possibile che tutto ciò sia avvenuto nel luogo del ritrovamento?".

Gli abiti - Gli indumenti di Yara "non riportavano alcun segno di incisione né tracce ematiche. Yara indossava le scarpe con le stringhe slacciate, come se fossero state tolte per poter sfilare i leggins e poi rimesse senza annodarle. Lo stesso vale anche per il reggiseno, dotato di gancetti e velcro, ma indossato non allacciato", svela il criminologo investigativo Denti.

Le polveri - Dai fascicoli dell’inchiesta emerge la presenza di sostanze in uso nei cantieri sul corpo della vittima. La calce era sulla felpa, mentre tracce di silicio e tungsteno sono state rinvenute nelle vie aeree. Calce e silicio sono riconducibili a materiali impiegati in edilizia, mentre il tungsteno è un elemento presente in ambito elettrico, ad esempio nelle lampade. "In quale ambiente Yara può aver inalato quelle sostanze?", è la domanda dell'esperto.

La posizione - Denti solleva "perplessità" sulla posizione nella quale fu trovato il corpo. La relazione del patologo dice che le cause della morte sono l’ipotermia e le ferite. "Se Yara avesse avuto la possibilità di reagire, cioè non fosse stata priva di sensi, avrebbe istintivamente assunto una posizione rannicchiata, sia per difendersi dal freddo che per un atteggiamento di autodifesa . In realtà il corpo è stato trovato supino, disteso con le braccia sopra il capo. Anche questo potrebbe indicare che sia deceduta altrove, magari in seguito ad un’aggressione alle spalle, con un impatto del viso a terra che ne abbia determinato la frattura degli zigomi e la perdita di conoscenza".

Le tracce pilifere - Sul corpo di Yara sono state rinvenute numerose tracce pilifere, dieci delle quali appartengono ad esseri umani. "Due di queste sono attribuibili ad una sola persona, ma nessuna è riconducibile a Bossetti", ricorda il criminologo che fa parte del pool difensivo dell'indagato.

Il guanto - Su un guanto di Yara è stato trovato il Dna di un soggetto ad oggi ancora non identificato. "Potrebbe essere 'Ignoto 2'? Tra tutti i profili genetici prelevati, sono state fatte altre comparazioni?", si chiede.

La testimonanza del fratellino - Il fratello di Yara parla di un uomo che la inquietava. Una persona alta e robusta; dal racconto emerge una chiara e precisa immagine, "significativamente divergente da quella di Bossetti. Inoltre, tutte le verifiche su possibili incontri pregressi o conoscenze intercorse tra Bossetti e Yara prima del giorno della scomparsa, si sono concluse con un nulla di fatto".

Oggi Bossetti compie 44 anni in cella, sono trascorsi oltre quattro mesi e la sua dichiarazione di innocenza rimane per ora inascoltata. "Tutti vorremmo dare un nome certo all’assassino di Yara. E’ però necessaria per ciascuno un’equa difesa. Sento il dovere di far luce su ogni possibile aspetto di quest’indagine. E' un incarico di grande responsabilità, che rimetterei immediatamente se, dopo aver letto le carte, dovessimo accertare la non totale estraneità del Bossetti. Questo, soprattutto per rispetto della piccola vittima, la prima - conclude Denti - ad aver diritto a risposte certe".

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