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Cassazione: "Totò Riina troppo malato per il carcere"

05 giugno 2017 | 16.30
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Totò Riina (Foto Fotogramma)
Totò Riina (Foto Fotogramma)

La Corte di Cassazione apre alla possibilità di un differimento della pena o della concessione degli arresti domiciliari per Totò Riina, in relazione alle sue condizioni di salute. Con una sentenza depositata oggi, la Suprema corte ha accolto il ricorso presentato dai difensori del boss, annullando con rinvio la decisione del Tribunale di sorveglianza di Bologna, che aveva rigettato la richiesta. La Cassazione ritiene che si debba "affermare l'esistenza del diritto a morire dignitosamente" che "deve essere assicurato al detenuto".

Il Tribunale di Sorveglianza aveva escluso l'ipotesi del differimento della pena "non emergendo dalle relazioni sanitarie acquisite che le pur gravi condizioni di salute del detenuto fossero tali da rendere inefficace qualunque tipo di cure e dandosi, anzi, atto nelle stesse di numerosi e articolati trattamenti terapeutici praticati al detenuto" insieme a "un attento e continuo monitoraggio" che aveva portato anche ad alcuni ricoveri in ospedale. Dunque per i giudici bolognesi le patologie di Totò Riina potevano essere trattate anche in carcere.

A questo si univa una valutazione relativa al "bilanciamento " della situazione di salute del detenuto con "le esigenze di sicurezza e incolumità pubblica", dato il suo "altissimo tasso di pericolosità" e il suo ruolo di "vertice assoluto dell'organizzazione criminale Cosa nostra, ancora pienamente operante e rispetto alla quale non aveva mai manifestato volontà di dissociazione".

La Cassazione ha ritenuto questa motivazione "illogica e contraddittoria". La valutazione dell'"assenza di incompatibilità tra l'infermità fisica e la detenzione in carcere" appare "parziale e inadeguata". Infatti "affinché la pena non si risolva in un a trattamento inumano e degradante", si legge nella sentenza, "lo stato di salute incompatibile con il regime carcerario, idoneo a giustificare il differimento dell'esecuzione della pena per infermità fisica o l'applicazione della detenzione domiciliare, non deve ritenersi limitato alla patologia implicante un pericolo di vita per la persona ma piuttosto avere riguardo a ogni stato morboso o scadimento fisico capace di determinare un'esistenza al di sotto della soglia di dignità che deve essere rispettata pure nella condizione di restrizione carceraria".

Il provvedimento del Tribunale di sorveglianza, osservano ancora i giudici della prima sezione penale della Cassazione, "è carente di motivazione sotto il profilo dell'attualizzazione della valutazione sulla pericolosità del soggetto, tale da configurare quelle eccezionali esigenze che impongono l'inderogabilità dell'esecuzione della pena".

Infatti "ferma restando l'altissima pericolosità del detenuto Salvatore Riina e del suo indiscusso spessore criminale, il provvedimento non chiarisce, con motivazione adeguata, come tale pericolosità possa e debba considerarsi attuale in considerazione della sopravvenuta precarietà delle condizioni di salute e del più generale stato di decadimento fisico dello stesso".

Su questo piano, a giudizio della Cassazione, "le eccezionali condizioni di pericolosità devono essere basate su precisi argomenti di fatto rapportati all'attuale capacità del soggetto di compiere, nonostante lo stato di decozione in cui versa, azioni idonee in concreto a integrare il pericolo di recidivanza".

LEGALE - "C'è legittima soddisfazione da parte di noi legali per un percorso di difesa il più delle volte oscuro rispetto all'opinione pubblica, e che riguarda la salute di un uomo in condizioni molto, molto critiche". Così l'avvocato Luca Cianferoni, uno dei difensori di Totò Riina, commenta all'Adnkronos la decisione della Cassazione. Ora toccherà al tribunale di sorveglianza di Bologna decidere sulla richiesta dei legali del boss: "L'udienza - aggiunge Cianferoni - è fissata per il 7 luglio prossimo e ci saremo".

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